Più qualcosa è raro, più tendiamo a tesaurizzarlo. Accade e accadde in primis con l’oro che, essendo un metallo difficile da rinvenire, ha assunto nei secoli il ruolo di merce di scambio. Al contrario il sale, che ugualmente era merce rara, man mano che è divenuto facilmente producibile ha perso gran parte del suo valore. In questo momento storico (complice la paura del futuro) il denaro liquido è divenuto relativamente raro, in quanto le persone tendono a tenerlo a propria disposizione nei conti correnti.

Assistiamo al paradosso per cui i depositi bancari traboccano di denaro depositato non utilizzato e nelle contrattazioni e acquisti questo scarseggia. Si tratta di un meccanismo psicologico per cui una prima persona rimanda l’acquisto dell’automobile, una seconda del frigorifero, una terza del cellulare o delle scarpe e così via. Tutti, chi più chi meno, hanno una certa dose di paura, a volte conscia a volte inconscia, per cui tesaurizzano, almeno in parte, il denaro senza spenderlo e, in questo modo, bloccano parzialmente l’economia, causando ingenti danni alle persone economicamente più fragili che non hanno depositi e perdono i loro precari lavori.

Anche nei vaccini mi pare che sia scattato lo stesso meccanismo psicologico. I dati odierni, tratti dal Sole 24 ore, ci dicono che su 7 milioni e duecentomila vaccini arrivati in Italia ben un milione e 600 mila sono da inoculare. Perché? Le ragioni sono legate ai tempi tecnici necessari per l’inoculo, alla tendenza di tenerne una scorta per effettuare le seconde dosi e, infine, alle complicazioni burocratiche che aggravano il quadro.

Emerge nella burocrazia e nei somministratori la tendenza a rendere tutto molto complesso. Ad esempio il medico, dopo aver fatto la puntura, deve inserire nel supporto informatico innumerevoli dati: il lotto del vaccino, il numero sequenziale della fiala, oltre alle caratteristiche del paziente e così via… Ogni vaccinato deve compilare un lungo consenso informato, come se non fosse implicito che se va a farsi vaccinare lo ha già approvato.

Io che sono medico ho avuto qualche difficoltà interpretative a compilare il modello anamnestico di tre pagine che richiede le patologie e i farmaci, oltre ad altri dati. Alla fine si sa per certo che tutta questa carta è inutile e andrà al macero. Basterebbe un atto legislativo che semplifichi, assuma come acquisito il consenso implicito e limiti l’acquisizione dei dati anamnestici alle patologie che possono interferire sulla vaccinazione.

Una complicazione emersa nell’ultima settimana è legata al fatto che i medici di famiglia hanno ricevuto fiale del vaccino AstraZeneca in cui ci sono dieci dosi. Devono essere inoculate entro 48 ore dalla apertura. Il problema è che gli assistiti che ne hanno diritto (per ora insegnanti e forze dell’ordine) non sono disponibili per il medico, esattamente nel numero di dieci o dei suoi multipli, ma capita spesso che siano 9 oppure 13 o 17… Il medico è bloccato, in quanto non può autonomamente decidere di aggiungere ai vaccinati delle persone che non ne hanno diritto e, allo stesso tempo, non può aprire la fiala se non raggiunge il numero perfetto di 10 (altrimenti rischierebbe di sprecarla).

Occorre velocemente ampliare la platea degli aventi diritto, possibilmente senza complicazioni burocratiche (tipo categorie o sotto categorie), ma utilizzando un criterio semplice come l’età. Se l’AstraZeneca può essere somministrato fino a 80 anni si dia la possibilità di usarlo nella fascia 75-80. Se ogni medico di famiglia tenesse anche solo un flacone da dieci dosi fermo in frigorifero sarebbero ben 400 mila potenziali vaccinazioni in attesa.

Si facciano inoltre tutti i vaccini disponibili senza tenere scorte! Dobbiamo avere fiducia nell’approvvigionamento e giocare d’anticipo. Un bacino di un milione e 600mila vaccinati in più sarebbe circa un 3% della popolazione, con un 3% conseguente di infezioni in meno e molte meno ospedalizzazioni e morti (visto che le vaccinazioni sarebbero rivolte alle fasce più a rischio).

Occorre contrastare tre spinte negative:

1) la tendenza a rendere tutto estremamente burocratico;
2) la propensione a tesaurizzare per attendere chissà cosa;
3) la vocazione a rendere il tutto complesso, con norme che favoriscono questa o quella categoria, previe discussioni infinite. Ad esempio, è giusto affermare che contano più i giudici, i carcerati o i pendolari (per citare solo tre categorie che ho sentito sulla stampa) rispetto agli anziani che sono i più suscettibili alle forme gravi ospedaliere della malattia?

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