“Nuovo dpcm? Il mondo politico da mesi non ha capito uno dei problemi fondamentali che ci porta a essere sempre in ritardo nella lotta la virus: noi oggi vediamo i contagi di circa tre settimane fa. Per questa ragione le decisioni vanno prese in modo tempestivo“. Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta” dal presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, che spiega: “Avremo almeno 2-3 settimane di incremento della curva, anche se per assurdo chiuderemo tutto. In realtà, l’obiettivo della politica doveva essere quello di fare delle chiusure mirate come micro-zone rosse, ma avrebbero dovuto essere molto tempestive. Questa tempestività non c’è stata e il contagio si è allargato alle intere regioni”.

Il medico aggiunge: “Il pacchetto delle misure, ovvero la tipologia di restrizioni da mettere in campo, è una decisione politica che però deve tenere conto che la coperta è molto corta. Cioè, se si consentono riaperture da una parte, bisogna chiudere dall’altra. Quindi, non possiamo permetterci chissà quali riaperture in questo momento. Ormai la terza ondata è partita e possiamo dire che si è innescata durante la fase discendente della seconda. A questo punto, spetta alla politica prendere delle decisioni, perché gli aspetti sociali ed economici sono rilevanti quanto quelli sanitari, tenendo conto però dei problemi di sovraccarico sanitario in alcune regioni”.

Cartabellotta illustra la situazione nazionale: “Quella calma piatta apparente iniziata il 20 gennaio è finita il 16 febbraio. Da due settimane la curva ha cominciato a risalire. Il numero dei casi in sé non ha importanza, ma, dal punto di vista statistico, a parte piccolissime variazioni regionali, abbiamo osservato che all’incirca ogni 100 casi positivi 5 vanno in ospedale e 0,5 vanno in terapie intensiva. Quindi, nonostante abbiamo un tasso del 28% nella saturazione delle terapie intensive a livello nazionale, in alcune regioni sono ben oltre la soglia del 30%. Quanto più gli ospedali si riempiono, tanto più tolgono spazio a pazienti con altre patologie. Si verifica, cioè, la cosiddetta ‘cannibalizzazione’ dei pazienti covid negli ospedali. L’impatto sulla salute delle persone non dipende soltanto dalla malattia covid, ma anche dal sovraccarico degli ospedali che questa comporta. A questo si aggiunga la carenza del personale: adesso paradossalmente in alcune regioni chi si occupava di tracciamento e di tamponi, oggi si occupa di vaccini. Questi sono aspetti importanti con cui necessariamente dobbiamo fare i conti e con cui la politica deve parametrare restrizioni e riaperture”.

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