Poche settimane fa, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in occasione del webinar “Urban Future with a Purpose” ha ricordato che l’idea alla base del Green Deal europeo – l’insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione europea con l’obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050 – è quella di ripensare il nostro modello di crescita (sempre che il termine “crescita” sia ancora quello più appropriato da utilizzare). E, inoltre, rendersi finalmente conto che, solo per fare un esempio per quanto riguarda il tema dei rifiuti, potremmo eliminare tutta la plastica monouso soltanto volendolo veramente.

Certamente siamo diventati più consapevoli dell’impatto dei nostri rifiuti sull’ambiente e il concetto di plastica monouso inizia ad assumere quella accezione negativa che merita. Il problema è la lentezza con la quale si va verso questa direzione, aggravata da fatti meno prevedibili come l’emergenza Covid che, in aggiunta alla tragedia umana, sta contribuendo a un aumento considerevole dei rifiuti da smaltire.

Sarebbe opportuno veicolare con maggior forza anche altre informazioni che riguardano gli esempi positivi e concreti, che già oggi sono una solida realtà. Le città di Lappeenranta e di Lahti in Finlandia, ad esempio, sono state premiate rispettivamente con l’European Green Leaf Award 2021 e l’European Green Capital 2021: riconoscimenti che premiano lo sforzo di queste città nel diventare modelli di sostenibilità. E non si tratta solo di meri diplomi da appendere alla parete della stanza del sindaco o assessore che sia, ma un sostegno (anche economico) per percorrere meglio la strada della sostenibilità intesa in tutti i sensi: ambientale, economica e sociale.

In Italia si fa fatica a trasferire i concetti di sostenibilità all’interno della programmazione di sviluppo di una città, soprattutto per le grandi città. A livello globale si prevede un aumento della produzione dei rifiuti del 70% entro la metà del secolo e la metà di questi rifiuti proviene proprio dalle città. Per questo esse rappresentano sì il problema, ma anche la soluzione. Un caso eclatante è costituito dalla città di Roma, che ancora non ha presentato il proprio Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (Paesc), ossia lo strumento programmatico che le città hanno a disposizione per perseguire gli obiettivi dello sviluppo sostenibile e, in particolare, la riduzione delle emissioni climalteranti. Ci si augura che l’ennesima proroga accordata (giugno 2021) non venga anch’essa disattesa e che, soprattutto, tale Piano risponda alle aspettative di una tale grande città.

Da imperterrito ottimista, e tenendo conto delle alte professionalità (Enea, Gse, Ispra) che si sono messe a disposizione dell’amministrazione capitolina, mi viene da pensare che tale ritardo sia dovuto alle discussioni interne sul livello di ambizione che tale Piano dovrà evidenziare. Il livello del taglio delle emissioni di gas serra che verrà formalizzato nel Paesc sarà l’indicatore di quanto seriamente l’attuale amministrazione intenda agire. Rispetto al taglio minimo del 40% entro il 2030 ci si aspetta un obiettivo ben più ampio, visto anche il percorso che altre capitali europee stanno facendo. A titolo di esempio, gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti delle capitali europee vanno dal -45% di Stoccolma al -85% di Berlino.

Certamente, la situazione è molto diversa da città a città. Ma per quanto riguarda la nostra capitale e le sue potenzialità, ci si aspetta un taglio delle emissioni di molto superiore al minimo richiesto, almeno nell’ordine del 55% (obiettivo Ue). E per dimostrare un vero “cambio di passo” rispetto al passato, nonché l’intenzione di recuperare il tempo perduto, sarebbe necessario che la Capitale si allineasse il prima possibile ai nuovi obiettivi di riduzione indicati dalla Commissione europea e che, anzi, cogliesse l’occasione per spingere sull’acceleratore. Chi scrive è convinto che si possa aspirare al 60% e anche oltre, magari avvicinandosi a quella soglia del 70-75% che porrebbe Roma tra le capitali europee più virtuose.

Ps: alla data in cui va in pubblicazione questo post, sul sito di Roma Capitale sono ancora indicato come Coordinatore Paesc, nonostante non ricopra più questo incarico da ormai due anni…

Articolo Precedente

“L’attività del centro di Tempa Rossa deve essere messa in sicurezza”: la Regione Basilicata ferma l’impianto

next
Articolo Successivo

Arriva la ‘Primavera Rifiuti Zero’. Primo step: chiedere un uso coerente del Recovery Fund

next