Se non ci saranno ulteriori intoppi, oggi Mario Draghi firmerà il suo primo dpcm, con le misure anti contagio in vigore fino a dopo Pasqua. Nonostante il nuovo premier avesse garantito “largo anticipo” nel comunicare le prossime restrizioni, la discussione si è protratta fino a tre giorni dalla scadenza del dpcm precedente. La linea resta rigorosa, con un inasprimento delle misure in zona rossa, a partire dalla chiusura di tutte le scuole. Se l’indirizzo sarà confermato, lo stop totale alle lezioni presenza – elementari e medie comprese – riguarderà anche alcuni territori in zona gialla e arancione: le Regioni infatti avranno la facoltà di chiudere gli istituti nelle province o nei comuni dove si raggiunge un’incidenza di 250 casi ogni 100mila abitanti. Un provvedimento contestato da alcuni governatori, che hanno chiesto sia il governo a disporre le chiusure. Oggi è attesa quindi la firma di Draghi al dpcm, che però non spiegherà le misure: a presentare il provvedimento in conferenza stampa alle 18.45 saranno i ministri della Salute e agli Affari regionali, Roberto Speranza e Maria Stella Gelmini. Parteciperanno anche il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, e il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli.

La quadra sul provvedimento è stata raggiunta nella riunione di questa mattina a Palazzo Chigi tra la cabina di regia e i ministri, insieme ad Agostino Miozzo (Cts), Franco Locatelli (Css) e Silvio Brusaferro (Iss). Durante il vertice è emersa la preoccupazione per l’alta contagiosità delle varianti Covid e alla fine, questo trapela, ha prevalso la linea dura. Un concetto che Miozzo, Locatelli e Brusaferro hanno ribadito poco dopo anche durante il confronto con Regioni, Comuni e Province. Alla riunione, terminata intorno alle 14, erano presenti i ministri Speranza e Gelmini, il titolare dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, oltre a Antonio Decaro (Anci), Michele De Pascale (Upi) e per le Regioni Stefano Bonaccini. In apertura della riunione, gli esponenti del Cts hanno illustrato alle Regioni il parere del comitato relativo alla situazione epidemiologica delle scuole. La girandola di incontri è proseguita pomeriggio, con un faccia a faccia tra il ministro Speranza, il nuovo capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e il nuovo Commissario all’emergenza, il generale Figliuolo. I due hanno parlato in separata sede anche con la ministra Gelmini.

Le principali divisioni tra governo e Regioni si sono registrate ancora una volta sulla scuola, in particolare sul parametro indicato dal Cts per far scattare la chiusura degli istituti, che però secondo il provvedimento sarebbe disposta dalle Regioni. I governatori hanno obiettato proprio su questo punto, con in testa il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, che ha chiesto che sia il governo a disporre l’eventuale stretta. Il presidente del Veneto Luca Zaia, invece, avrebbe contestato il parametro dei casi per abitante, sottolineando che penalizza le regioni che fanno più tamponi, mentre il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini avrebbe evidenziato la necessità di prevedere un bonus per le famiglie che lavorano e avranno i bambini a casa. Dalla Campania sarebbero state segnalate criticità sulla formulazione dell’articolo.

“Il governo ci ha comunicato che siamo davanti a una risalita dei contagi con l’incidenza delle varianti anche su fasce di età più basse. Due condizioni che impongono di valutare la chiusura, da parte delle regioni, delle scuole, a determinate condizioni”, ha spiegato Decaro al termine del vertice. “Abbiamo formulato due richieste – aggiunge il sindaco di Bari – parametri chiari sulle condizioni che fanno scattare il provvedimento di chiusura e risorse per le famiglie che hanno bisogno di aiuto nella gestione dei figli”. “Allo stesso modo ho posto nuovamente al governo e al ministero dell’Interno il tema dei controlli sugli assembramenti su strade o piazze da parte delle forze dell’ordine: far sì che si accetti l’interruzione delle lezioni in presenza diventa più complicato se ogni sera ci sono centinaia di ragazzi in giro nei luoghi della movida”, ha sottolineato Decaro.

Secondo quanto apprende l’Ansa, nel Dpcm potrebbero essere inseriti i ristori nazionali per le attività che si trovano nelle zone rosse decise a livello locale. A sollecitare il provvedimento era stata nei giorni scorsi la Regione Umbria con una lettera della presidente Donatella Tesei. Poi, seguita dalle altre, nella Conferenza Stato-Regioni. Inoltre, fa sapere il membro del Cts e presidente della Società italiana di pediatria Alberto Villani, nelle zone rosse “verranno presi dei provvedimenti che interesseranno un po’ tutti gli ambiti della società”, quindi non solo le scuole. “Si tratta di decisioni politiche, da tecnici possiamo solo far presente la situazione”, ha spiegato a Timeline su Skytg24.

LE DIVISIONI – Sulla scuola Draghi ha scelto la soluzione che recepisce in sostanza le indicazioni del Cts sulle scuole e porta alla chiusura anche delle elementari e delle medie, con il ritorno alla didattica a distanza, nelle aree rosse e anche in quelle gialle o arancioni ma alto contagio. Ieri (lunedì) tra i ministri era emersa una spaccatura: non ha senso chiudere gli istituti e lasciare aperti i centri commerciali, il ragionamento di parte dei ministri. Altri hanno invece spinto per non imporre misure troppo restrittive nelle zone non rosse e garantire, laddove possibile, la scuola in presenza.

IL DPCM – Dal 6 marzo al 6 aprile resterà la divisione in fasce e non ci saranno allentamenti. Anzi, in zona rossa chiuderanno, oltre alle scuole, anche i barbieri e parrucchieri. L’impianto del provvedimento resta quello comunicato già venerdì alle Regioni e del tutto in linea con i precedenti decreti del governo Conte: chiusura serale per bar e ristoranti, stop agli spostamenti (già disposta con decreto legge), con l’eccezione della riapertura di cinema e teatri dal 27 marzo. Un successivo tavolo con le Regioni aprirà poi la discussione sui parametri da adottare nei prossimi mesi per distinguere le aree rosse, arancioni e gialle: per ora anche i criteri non cambiano.

IL CTS – “Il professor Miozzo, nostro coordinatore, è sempre stato favorevole, con il rispetto di protocolli rigidi e accurati, all’apertura delle scuole. Però è anche logico che si debba valutare con attenzione qual è l’evolversi della curva epidemiologica e con realismo, vedendo i dati, applicare misure diversificate a seconda della circolazione del virus”, spiega Massimo Antonelli, direttore dell’unità di Anestesia e rianimazione del Policlinico Gemelli di Roma e componente del Comitato tecnico-scientifico. “Il consiglio che abbiamo fornito come Cts – ha detto a Buongiorno su Sky TG24 – è questo: va bene tenere le scuole aperte nelle zone gialle, ma bisogna vedere anche come circola il virus in queste zone”. Lo stesso concetto ribadito anche da Luca Richeldi, altro membro del Cts, ad Agorà su Raitre: “Le chiusure selettive e mirate sulla base della circolazione delle varianti sembrano efficaci nel limitare la circolazione del virus”.

Le ondate pandemiche che stiamo vedendo, ha aggiunto l’esperto, “non sono vere e proprie ondate diverse ma sono il risultato di un allentamento delle misure di restrizione e di una circolazione virale aumentata per le varianti, che hanno una capacità di trasmissione maggiore”. “Le varianti non sono più aggressive” verso i giovani, ha spiegato Antonelli a Sky TG24 , “ma in virtù di alcune loro caratteristiche c’è una circolazione maggiore, quindi vengono interessate anche quelle fasce di età che precedentemente, durante la prima ondata, sono state colpite in modo più contenuto“. “Dire che questo si esprima in una maggiore gravità o aggressività è un’altra cosa”, ha concluso l’esperto.

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