Sarà Vittorio Colao a guidare il ministero per l’innovazione e la transizione digitale, un ruolo in sintonia con le competenze accumulate dal manager nel corso della sua carriera, spesa in gran parte nel mondo delle tlc con un decennio alla guida del colosso britannico Vodafone. La digitalizzazione è un altro dei grandi capitoli di spesa a cui vengono destinati i fondi europei assegnati all’Italia. Il manager potrà attingere al materiale contenuto nel suo piano per il rilancio del paese. Nell’aprile 2020 Colao è stato infatti incaricato dal governo Conte 2 di guidare la task force per gestire la ricostruzione post pandemia. Due mesi dopo presenta il piano d’azione con 102 proposte di intervento divise in sei aree (imprese e lavoro, infrastrutture e ambiente, turismo arte e cultura, pubblica amministrazione, istruzione e ricerca, individui e famiglie), accolto con freddezza dal governo e rimasto sostanzialmente inapplicato.

Colao è nato a Brescia nel 1961, presto orfano di padre (come Mario Draghi) e figlio della contessa Popi Pellizzari di San Girolamo. Viene però raccontato come ispirato ad una condotta di vita sobria e “calvinista”. Vacanze sul lago di Garda, appassionato di wind surf, ha svolto il servizio di leva nei carabinieri. Si laurea all’università Bocconi di Milano e poi vola ad Harvard per conseguire un master in business administration. La carriere inizia nella finanza, prima alla banca d’affari statunitense Morgan Stanley poi alla società di consulenza McKinsey, intervallando con un breve passaggio nel ruolo di assistente del direttore generale in Mondadori, ai tempi di Corrado Passera. Da lì il salto nelle telecomunicazioni.

Nel 1996 approda alla Omnitel che diventerà poi Vodafone e di cui Colao assumerà il ruolo di numero uno per l’Italia. Nel 2004 lascia la telefonia per diventare amministratore delegato di Rcs media group. L’avventura nell’editoria dura poco (15 mesi) e non è particolarmente felice. La redazione del Corriere della Sera rinfaccerà a Colao “il fallimentare ricorso a servizi esterni all’impoverimento della qualità e dell’ autorevolezza del giornale inseguendo una commercializzazione esasperata, dai sovraccarichi di lavoro alle inefficienze organizzative, dal mancato rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro fino ai ripetuti incidenti di percorso nella gestione dei rapporti sindacali, regole contrattuali inapplicate alla definizione del nuovo contratto integrativo scaduto un anno fa”. Più tardi la stessa redazione rimpiangerà però il manager bresciano per la sua contrarietà all’operazione Recoletos. E’ infatti proprio sull’acquisto da 1,2 miliardi di euro del gruppo editoriale spagnolo, che pubblica il giornale sportivo “Marca”, che si consuma la rottura tra Colao e alcuni grandi azionisti del gruppo. Colao è fortemente contrario all’operazione e nel 2006 Colao si dimette senza firmare l’acquisto. L’acquisizione di Recoletes caricherà Rcs di un pesante indebitamento che porterà il gruppo vicino al fallimento e scatenerà una resa dei conti tra i soci del gruppo con diversi strascichi giudiziari e richieste di danni.

Nel 2008 diventa amministratore delegato del gruppo Vodafone, una carica che ricoprirà per dieci anni dove gestisce una profonda ristrutturazione e re-impostazione strategica del colosso inglese delle tlc. Nel decennio di mandato riuscirà a gratificare gli azionisti del gruppo con un aumento di valore della società di 120 miliardi di euro. Segue una breve parentesi consulente del fondo di private equity General Atlantic. Nel 2014 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito a Colao l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro.

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