In un mondo dove gli umarells e le zdaure trascorrono il loro tempo di qualità su Facebook (e forse su Twitter), i più giovani su Instagram e i giovanissimi su Tik tok e Youtube, ecco all’improvviso arrivare Clubhouse, il social notwork dei fighi di tutte le età, un social classista e geniale che rivoluziona tutto.

In questi giorni non si parla d’altro.

Accedere a Clubhouse non è facile, devi essere invitato da qualcuno di figo e anche se sei invitato, non è che puoi entrare così, alla chetichella, devi pure avere un iPhone e non un zavaglio di telefono con sistema operativo Android.

Incuriosito da tutto questo benessere, sabato mattina ho scaricato l’app e ho chiesto di entrare. Clubhouse mi ha detto “Le faremo sapere”, poi basta.

“Vabbè” ho pensato io dal basso dei millemila follower da pezzente che ho, “Sicuramente non sono così figo per entrare”.

E invece no, un angelo custode fighissimo del quale non rivelerò l’identità (Riccardo Scandellari), si è preso la briga di raccomandarmi e così sono potuto entrare.

Ero molto emozionato, lo ammetto.

Dimenticatevi le parole, dimenticatevi le foto, dimenticatevi i video, Clubhouse è un social solo audio. Sì, sì, avete capito bene, solo audio. Tu entri dentro a una stanza “virtuale” e trovi centinaia di persone che parlano. E basta.

È tipo accendere una radio e sentire della gente che telefona e parla. E basta. Oppure, avete presente i radioamatori? I camionisti che parlavano con il cb? Ecco Clubhouse è così. Tu scegli la stanza che più ti attira, entri, ascolti i fighi che parlano principalmente di Clubhouse, di marketing, di sport, di musica, del Festival di Sanremo, di serie tv… un mega bar per ultra-nerd, un anestetico totale alla solitudine da Covid con o senza smartworking in attachment.

Visto che su Clubhouse c’è selezione all’ingresso, qui dentro sono tutti buoni, tutti educati e se alzi la mano puoi dire la tua davanti a una platea di sconosciuti raccomandati come te che ti ascoltano e ti fanno sentire protagonista, così dopo che hai detto la tua sei contento e dai un senso alla tua giornata un po’ moscia, ma non finisce mica qui. Può addirittura capitare di essere in una stanza e all’improvviso vedere entrare veri vip (Fiorello e Michelle Hunziker per dirne due che conoscono tutti, ma ce ne sono tantisimi) coi quali interagire, provare empatia, sentire che sono uguali a te, renderti conto che anche loro fanno le stesse cose che fai tu e ti trema la voce quando ti viene data l’opportunità di fargli una domanda, davanti a centinaia di persone e il tempo passa che è una meraviglia. Poi spegni il telefono e un assordante silenzio avvolge la tua stanza, quella vera, quella dove sei rimasto solo tu e la marea di cose che hai lasciato in sospeso e non vedi l’ora di tornare dentro a Clubhouse per tornare a farti.

È nata una nuova droga, il suo nome è Clubhouse, benvenuta.

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