Con il coprifuoco le strade si sono svuotate, così la prostituzione a Milano si sposta “dalla strada all’interno degli edifici e online, rendendo le vittime ancora più invisibili“. Come spiega suor Claudia Biondi, responsabile dell’area tratta e prostituzione di Caritas Ambrosiana di Milano, se con la pandemia per le vittime della strada e della tratta tutto è cambiato, a rimanere sempre uguale è stata la domanda di sesso a pagamento che ha vinto anche la paura del contagio. Come emerge infatti dalla continua azione di monitoraggio delle operatrici di Avenida, l’unità di strada di Caritas Ambrosiana, “anche nei mesi più duri della pandemia, quando a Bergamo sfilavano i camion dell’esercito con le casse dei defunti che non potevano essere seppelliti nel cimitero cittadino, non abbiamo mai sentito nessuno preoccuparsi di esporre al contagio se stessi, le proprie mogli e familiari, le stesse donne con le quali andavano. In cima ai pensieri dei clienti c’era piuttosto, cinicamente, il timore che le donne potessero aumentare il prezzo per rifarsi dei mancati guadagni”, spiega Nadia Folli di Avenida.

Nel frattempo, con il prolungarsi della pandemia le donne e le trans costrette a vendersi sulle strade di Milano sono diventate sempre più vulnerabili e ricattabili, subendo violenze e abusi ancora maggiori che in passato. A testimoniarlo sono i racconti raccolti per telefono, via Whatsapp, tramite video-chiamate, dalle operatrici. Come quello di S. che, non riuscendo più a pagare l’affitto, è stata costretta a trasferirsi nella casa di un suo cliente storico in cambio di prestazioni sessuali. Ma le richieste sono diventate presto minacce e poi violenze, tanto che S. alla fine ha deciso di andarsene per vivere in una tenda sotto un cavalcavia.

In questi mesi, raccontano sempre le operatrici, allo stato di schiavitù si è aggiunto anche un livello di miseria materiale che non ha precedenti. Delle 133 donne intercettate nel 2020 dalla Caritas di Milano, il 70% è infatti dovuto ricorrere a forme di aiuto, come la richiesta di pacchi alimentari, di cui non aveva avuto bisogno prima. Come spiega suor Claudia Biondi: “Una parte di loro, quella più povera e meno attrezzata, sfruttata da sedicenti ‘fidanzati’ che operano in proprio o affiliati a micro gruppi criminali poco organizzati, non è riuscita ad adattarsi al cambiamento e oggi vive in condizioni di emarginazione ancora maggiori che nel passato”. È quanto accade, in particolare, tra i membri della comunità rumena, da anni la principale nazionalità delle donne che Caritas Ambrosiana intercetta in strada e che anche nel 2020 ha confermato il suo primato con il 53% di presenze.

“Serve un sussulto di coscienza da parte dei clienti. Non è possibile ridurre quelle donne a dei corpi senza anima, sentimenti, paure, bisogna imparare a guardare il dramma che c’è dietro le loro storie – osserva il direttore di Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti – Dall’altro lato, se si vuole davvero sottrarre le vittime di tratta a chi le sfrutta, non è sufficiente offrire loro accoglienza, ma reali opportunità di inserimento nel mercato del lavoro. La crisi sociale che si è aperta con la pandemia non può essere un alibi per dimenticarsi degli ultimi, ma al contrario deve essere un’occasione per ripartire da loro”.

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