Aveva poco meno di settant’anni Marco Ferretti, lo storico commesso di Montecitorio, ricoverato per coronavirus dalle vacanze di Natale. Se n’è andato oggi, in un ospedale romano, dopo aver passato quarant’anni della sua vita tra i corridoi della Camera. Era andato in pensione nel luglio del 2017, custodendo i segreti, gli aneddoti e gli episodi più cruciali della storia politica italiana. Era lui il commesso che accompagnava in Aula e nel Palazzo, ad esempio, i presidenti del Consiglio. Alla festa per il suo pensionamento a Montecitorio, in un caldo pomeriggio estivo, erano presenti a salutarlo con l’allora presidente della Camera membri del governo, tantissimi parlamentari e uomini delle Istituzioni. In quella occasione Ferretti riconobbe come una propria fortuna l’essere stato “osservatore privilegiato della vita politica nazionale“, elencando in “controllo, diplomazia, riservatezza e autorità” le quattro doti che devono contraddistinguere un buon assistente parlamentare.

Nato a Posta, in provincia di Rieti, nel giugno del 1951, entrò per la prima volta alla Camera dei deputati il primo gennaio del 1978 dopo aver vinto un concorso. In quel periodo a Palazzo Chigi c’era Giulio Andreotti, pochi mesi dopo Aldo Moro sarebbe stato sequestrato. Prima di essere nominato capo dei commessi, Ferretti lavorò per tanti anni in Aula ed in sala stampa, diventando un punto di riferimento sicuro per ‘generazioni’ di deputati e giornalisti. Uno degli episodi più eclatanti che lo riguardano risale a Tangentopoli, quando un deputato leghista, Luca Leoni Orsenigo, si alzò dal suo scranno e sventolò il famoso cappio. “Glielo strappai e lo conservo così come tutti gli oggetti che ho sequestrato“, ha raccontato Ferretti anni dopo al Corriere della Sera. Nella sua collezione, riferisce il quotidiano, ci sono anche il megafono del missino Teodoro Buontempo e le manette del leghista Gianluca Buonanno.

Nell’immagine LaPresse Ferretti all’ingresso di Montecitorio mentre accoglie il fondatore M5s Beppe Grillo.

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