L’Italia, nell’anno scolastico in corso, ha tenuto aperte le scuole più di molti altri Paesi europei. E durante la seconda ondata ha evitato chiusure totali, a differenza della Germania e del Regno Unito. A dirlo non è la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che da sempre si batte per le lezioni il più possibile in presenza, ma l’Unesco, che ha reso disponibili i dati sulla chiusura degli istituti in Europa da inizio pandemia fino a gennaio 2021. Dati che spiegano le diverse strategie in Europa, con l’Italia che, nella seconda ondata, si colloca tra i Paesi con un periodo più lungo di chiusure parziali, senza però aver mai interrotto l’istruzione primaria.

A guardare i numeri diffusi dall’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, il nostro Paese risulta tra quelli con maggiori periodi di interruzione – parziale o totale – dall’inizio della pandemia (tra 21 e 30 settimane, come il Regno Unito), mentre sull’anno scolastico 2020-2021 può vantare l’assenza di chiusure totali. A parte la Francia, il Belgio, la Croazia, l’Islanda, il Montenegro, la Moldavia e pochi altri dove non hanno mai chiuso, ad aggiudicarsi la maglia nera delle chiusure totali sono Germania, Olanda e Regno Unito con quattro settimane di campanella rimasta muta. Dall’interruzione per le festività natalizie, infatti, gli studenti tedeschi e inglesi non sono mai rientrati a scuola.

Soltanto nello scorso anno scolastico, in Italia come in molti altri Stati sono state chiuse tutte le scuole. Se si prendono tutte le tipologie di chiusure – parziale e totale – da settembre ad oggi l’Italia è in media rispetto agli altri Stati. Gli studenti italiani hanno dovuto iniziare in anticipo (da inizio novembre) con le lezioni a singhiozzo, in particolare alle scuole superiori, ma rispetto agli altri Paesi la scuola primaria non ha mai subito uno stop generalizzato a livello nazionale, proseguendo salvo rare eccezioni regionali (come in Campania) a pieno regime. Un andamento che riflette la strategia generale di lotta al Sars-Cov-2 che ha evitato un lockdown totale, scelta invece adottata (coinvolgendo anche la scuola) sia la Germania che il Regno Unito.

Il nuovo anno scolastico era cominciato in presenza con un grande lavoro dei dirigenti scolastici, degli insegnanti e del ministero che hanno assicurato il distanziamento per tutti, ove possibile e una distribuzione costante dei dispositivi di protezione individuale che ancora oggi arrivano ogni giorno nelle scuole. Ancora sabato la ministra in occasione del ciclo di incontri del ministero dal titolo Ripensare l’educazione nel XXI secolo ha spiegato: “Ci siamo battuti per le lezioni in presenza senza sosta, perché il diritto allo studio è connesso alla cura e allo sviluppo della personalità umana”. Una risposta a chi come Matteo Renzi e Matteo Salvini non perdono occasione per criticare il lavoro della ministra.

A far quadrato attorno ad Azzolina è il suo Movimento: “Domani tanti ragazzi delle superiori torneranno a frequentare la scuola – affermano gli esponenti dei Cinque Stelle in commissione istruzione al Senato – Per noi è un passo importante, ottenuto anche grazie al lavoro della ministra Azzolina e al suo impegno per riportare i ragazzi in presenza. I giovani, la formazione, la cultura digitale sono temi identitari per il movimento. E così la scuola, che questi elementi li custodisce tutti, e che è un elemento fondamentale nella nostra agenda dei prossimi anni. La scuola ha bisogno di continuità e deve mantenere la centralità che le è stata faticosamente riconosciuta in questi mesi”. Il primo febbraio a scuola ci saranno oltre 8 milioni di ragazzi che tornano in aula al 50% dopo settimane di didattica a distanza. Solo la Sicilia ha deciso di rinviare la partenza delle scuole superiori alla prossima settimana per prepararsi al meglio a garantire la sicurezza agli studenti.

Articolo aggiornato l’1 febbraio 2021 da redazione web

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