“La situazione politica dell’Italia”, con una crisi di Governo scoppiata in piena emergenza pandemica, “è davvero difficile da comprendersi, soprattutto per una persona che vive all’estero da quasi 30 anni come il sottoscritto”. Confessa stupore per il clima di incertezza in cui si trova il suo Paese Guido Silvestri, virologo italiano docente negli Usa alla Emory University di Atlanta, intervistato dall’Adnkronos Salute. Ma anche rabbia per le occasioni perse, specie quella di associare ai vaccini le terapie a base di anticorpi monoclonali che lui stesso aveva tentato di portare in Italia, dove per altro si producono, perché venissero somministrate già da novembre con una sperimentazione a costo zero. La sperimentazione si è poi incagliata tra resistenze burocratiche fino all’arrivo di Giorgio Palù, che ha riportato la questione all’ordine del giorno nelle riunioni Aifa e ha poi spinto per avere almeno un bando per lo studio di efficacia. Bando che per altro ha subito registrato un slittamento dei termini: alla sperimentazione a lungo osteggiata si sono candidati diversi centri chiedendo più tempo per predisporre i complessi protocolli di studio richiesti.

“La mia grande speranza – spiega – è che questo stallo si risolva presto”. Ma non solo. Lo scienziato si augura anche “che il nuovo ministro della Salute, chiunque lei o lui sia, capisca che in una situazione emergenziale come questa, in aggiunta ai soliti importanti richiami alla prudenza e all’uso generoso delle restrizioni ai movimenti, è di importanza fondamentale per le istituzioni, Agenzia italiana del farmaco Aifa in primis, mettere il Paese nella posizione di usare nel modo più rapido ed efficace possibile le armi che la scienza ci offre per sconfiggere o comunque limitare la pandemia”. “Nel caso degli anticorpi monoclonali questo non è stato fatto – insiste Silvestri – e sarebbe bene che, invece di arrampicarsi sugli specchi per giustificare scelte e atteggiamenti sbagliati nel passato, chi di dovere si adoperasse per iniziare rapidamente la sperimentazione. Ripetiamo ancora una volta: meglio tardi che mai, e adesso muoviamoci davvero”.

Quella di Silvestri non è una voce isolata. Adesso, ricorda lo scienziato, “abbiamo capito molto bene, dopo le chiarissime dichiarazioni dell’ex direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa, Luca Pani, e quelle di Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, che Aifa poteva autorizzare la sperimentazione di bamlavinimab con le famose 10mila dosi gratuite promesse da Skovronsky – e chi nega questo fatto è un bugiardo – senza dover necessariamente aspettare l’autorizzazione dell’Agenzia del farmaco Ema” agli anticorpi monoclonali. Via libera che, secondo quanto spiegato all’Adnkronos Salute da Marco Cavaleri, responsabile Vaccini e Prodotti terapeutici Covid dell’Ema, potrebbe arrivare per i primi prodotti intorno a maggio-giugno 2021.

Ma “Pani ha spiegato, se vogliamo anche con durezza – sottolinea Silvestri – che in passato questa autorizzazione” alla sperimentazione “era stata data in 48 ore, come per esempio nel 2015 per farmaci sperimentali contro Ebola, in una situazione infinitamente meno grave di Covid”. “Comunque ora è importante non farsi sopraffare dalla rabbia”, benché “giustificata – aggiunge Silvestri guardando al futuro, fedele allo spirito che l’ha portato a fondare a inizio pandemia la pagina social “Pillole di ottimismo” – e cercare invece di concentrarsi sui modi migliori per far partire l’uso di questi anticorpi il più presto possibile, seguendo il vecchio adagio secondo cui è “meglio tardi che mai”. E fa ben sperare che il nuovo presidente dell’Aifa, Giorgio Palù, si stia battendo come un leone in questo senso”.

Il sospetto: “Non è solo colpa della burocrazia”
“Quelli che hanno ritardato la sperimentazione degli anticorpi monoclonali anti-Covid in Italia devono spiegare al Paese perché lo hanno fatto, dicendo la verità fino in fondo, senza scuse o giochi di parole, ed evitando di prendere posizioni scientificamente inspiegabili”. Torna a incalzare le istituzioni sanitarie nazionali che “di fatto hanno ritardato l’introduzione di questi farmaci” a scopo sperimentale “in Italia, che per bamlanivimab si sarebbe potuta avere fin da ottobre – ha spiegato l’esperto anche in un duro intervento postato nei giorni scorsi su Facebook – e probabilmente per etesevimab a inizio 2021”.

Dagli Usa Silvestri sfoga la sua “rabbia”
Un sentimento nato dal fatto che, ricostruisce lo scienziato nell’intervista, “grazie a una circostanza fortunata, la mia amicizia con il Chief Scientific Officer di Eli Lilly (l’azienda dei due monoclonali, prodotti fra l’altro in Italia, ndr), Dan Skovronsky, si poteva fare del bene al Paese”. Skovronsky – assicura il virologo – si era infatti detto pronto a offrire gratuitamente al nostro Paese decine di migliaia di dosi per uno studio clinico. “Si potevano salvare delle vite umane – afferma Silvestri – e non lo abbiamo potuto fare per motivi che, tre mesi dopo, rimangono assolutamente oscuri. E che se da un lato potrebbero spiegarsi come lentezze burocratiche”, dall’altro forse non solo, perché “su di essi gravano sospetti di conflitti d’interesse, come ben descritto in un’inchiesta giornalistica de ‘Il Fatto Quotidiano”.

“Ecco, io questo non riesco a mandarlo giù – incalza il ricercatore – perché questa pandemia ha prodotto enormi sofferenze: quelle causate direttamente dal virus e quelle legate ai provvedimenti restrittivi, alle chiusure che hanno creato danni economici, sociali e psicologici tremendi. E’ nostro dovere di esperti fare il possibile per uscire da questo incubo”, ammonisce Silvestri. “Ma proprio adesso che la scienza ci ha dato le armi per vincere questa battaglia, anticorpi e vaccini in primis, sembra che si faccia fatica a usarle in tutta la loro potenza”.

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