Né i vertici di Ansf né di Trenord hanno avuto un ruolo nell’incidente ferroviario di Pioltello, il deragliamento del treno regionale partito da Cremona che all’alba del 25 gennaio 2018 provocò la morte di 3 persone (Ida Milanesi, Pierangela Tadini e Alessandra Pirri). La giudice per le indagini preliminari Luigia Fioretta, su richiesta della procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e del pm Leonardo Lesti, ha disposto l’archiviazione per l’allora ad di Trenord Cinzia Farisè, il direttore operativo di Trenord Alberto Minola, l’allora direttore dell’Ansf Amedeo Gargiulo e Giovanni Caruso, dirigente responsabile delle ispezioni della stessa Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria.

Il procedimento sta invece andando avanti, davanti al gup Anna Magelli, per due manager di Rfi, tra cui l’ad Maurizio Gentile, di sette tra dipendenti e tecnici di Rfi, e della stessa società, accusati di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Ha invece chiesto di patteggiare – con il via libera della procura – 3 anni Ernesto Salvatore, all’epoca responsabile del Nucleo Manutentivo Lavori di Treviglio di Rete Ferrovaria Italiana. L’incidente, secondo quanto ricostruito dai consulenti tecnici, fu causato dalla rottura di un giunto, le cui condizioni erano note a Rfi che però aveva programmato la sua manutenzione solo nei mesi successivi e nel frattempo non aveva disposto mitigazioni alla circolazione in quel tratto.

Per quanto riguarda Farisè e Minola, il giudice ricorda che gli accertamenti hanno “escluso” una “qualsiasi responsabilità del materiale rotabile”. In sostanza, le ruote dei carrelli del treno non furono una causa del disastro. Né sono ipotizzabili, aggiunge il giudice, addebiti nei confronti dei vertici di Trenord nel campo della formazione dei dipendenti in materia di sicurezza, perché i due dipendenti a bordo fecero tutto quello che era possibile per evitare l’incidente. Non sono neanche emerse “criticità” o “anomalie” al sistema frenante. “Tutti i dati tecnici disponibili e la testimonianza del macchinista, che è determinante, escludono che, almeno fino al punto zero, ci fossero problemi all’impianto”, sottolinea il giudice.

Per quanto riguarda le posizioni di Gargiulo e Caruso, iscritti nel registro degli indagati con l’ipotesi di non aver condotto attività di vigilanza su Rete ferroviaria italiana, la società pubblica che gestisce i binari e la rete, il giudice ricorda che durante l’inchiesta le risposte di Ansf per quanto riguardava i controlli sui giunti erano state “a dir poco lacunose”. Gargiulo, ascoltato dai pm, ha sottolineato che le segnalazioni di rottura dei giunti, come accaduto a Pioltello nei mesi precedenti all’incidente, sono “routine” e in ogni caso “il nostro richiamo è stato più energico” del solito. Caruso invece specificato che la rottura di un giunto “non è considerata un ‘incidente'” dalle norme.

Risposte che, insieme alla documentazione fornita, hanno indotto i pubblici ministeri a chiedere l’archiviazione perché il “rischio di rottura dei giunti era un problema noto all’Agenzia, ma non così frequente e che non aveva dato luogo ad incidenti significativi”. Per questa ragione, Ansf si era “limitata a blande raccomandazioni“: perché “non era considerato una ‘emergenza’“. Il gip sottolinea che si tratta di “un’analisi discutibile”, ma Ansf “risulta nel complesso aver operato con sufficiente diligenza” nell’ambito delle sue funzioni di controllo. Quindi il giudice conclude: “Si tratta di un settore su cui sicuramente si poteva – e anzi forse si doveva – intervenire con maggiore incisività, ma la decisione di non farlo, per dedicarsi ad altri problemi più evidenti ed urgenti nel mondo ferroviario, non appare così indiscutibilmente censurabile, tenuto conto della situazione di Ansf, da permettere addebiti penalmente rilevanti”.

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