di Tito Fornola

Egregi onorevoli del Pd,

la crisi di questi giorni sta dimostrando, se mai ce ne fosse ancora bisogno, di quanti danni il narcisismo di Matteo Renzi abbia fatto alla sinistra. Ma in questo difficile momento del Paese credo che un’analisi sincera della situazione debba permetterci di ragionare non solo sugli esecutori materiali dell’attentato appena compiuto ai danni del governo, ma anche su alcuni dei suoi mandanti. E qui io credo sia onesto riconoscere che molte responsabilità stanno anche dentro il vostro partito.

Quanti sono fra voi quelli che, all’inizio di questa vicenda, si erano illusi di usare le frustrazioni dell’ex premier per innescare un rimpastino di governo a proprio uso e consumo? E quanti sono quelli che ancora oggi sperano di restare a galla, con o senza Giuseppe Conte? Ma davvero pensate che anche questa crisi possa essere gestita con i metodi che hanno spesso permesso a molti di voi di arrivare in Parlamento? I metodi a cui mi riferisco sono quelli ben noti ai tanti che hanno fatto carriera nei partiti della Prima Repubblica.

Ho sempre immaginato questi politicanti come dei “surfisti” capaci di rimanere a pelo sull’onda per non farsi travolgere dalla corrente e per riuscire ad essere di nuovo in piedi sull’onda successiva. Oggi ci riprovano con Conte, ma si tratta di un metodo collaudato già in molte altre occasioni.

Penso a quelli che fra voi sono cresciuti nel Pci/Pds/Ds/Pd. Ricordo a fine anni ’80, prima della caduta del Muro, quando affermavano che il Pci fosse diverso e non dovesse mai e poi mai cambiare la propria identità. Poi li trovammo tutti in prima linea a favore della nascita del nuovo Pds. Penso a quando, pochi anni dopo, qualcuno affermava che non fosse sufficiente cambiare nome e simbolo. Molti fra voi contrastavano queste ipotesi. Poi però venne l’Ulivo e subito quelli che erano contrari scelsero di abbracciare il nuovo progetto.

A chi, fin dalla fine degli anni ‘90, diceva che l’Ulivo non poteva bastare e teorizzava la nascita di un (vero) Partito democratico alcuni fra voi contrapponevano ben altre argomentazioni (“le due gambe del centrosinistra”). Salvo poi aderire al Pd. Idem con il rignanese. Prima contro. Poi, dopo la cacciata di Enrico Letta, molti fra voi diventarono “renziani”.

E oggi con Conte? Che tipo di sostegno è il vostro? Vero o finto? Davvero potete fingere di non sapere che siamo in un momento decisivo per la vita del Paese e che è venuto il momento di schierarsi convintamente al suo fianco provando, almeno per questa volta, ad anteporre per davvero l’interesse dell’Italia a quello della vostra carriera?

L’avete capito che alle prossime elezioni il problema principale sarà quello di impedire che a Palazzo Chigi e al Quirinale possano sedere esponenti di una delle peggiori destre d’Europa?

Volete impedirlo? E come? Il rimpastino vi è già sfuggito di mano, vero? E allora che si fa? Volete sostituire Conte sistemando anche qualche poltrona per i vostri capicorrente? Pensate, ad esempio, che piazzare Roberto Fico a Palazzo Chigi sostituendolo a Montecitorio con Franceschini possa permettere di quadrare il cerchio? Vi illudete forse che la maggioranza degli italiani possa capire questi artifizi?

La verità è che siamo ad un passaggio cruciale e sostenere Conte oggi non può limitarsi alla compilazione di qualche debole dichiarazione di sostegno. Significa scegliere definitivamente il campo in cui schierarsi. Significa soprattutto accettare che questa maggioranza è strategica. Che ha già fatto tante buone cose. E che ha le carte in regola per farne altrettante.

Questa è la maggioranza che ha ottenuto 200 miliardi per il futuro dell’Italia e chiede fiducia, per il prossimo quinquennio, per cambiare in meglio questo benedetto Paese. E sceglie di farlo con l’uomo che quei soldi li ha per davvero conquistati. Sceglie Conte. Oggi certamente. Ma lo sceglie da subito anche per il domani, almeno per la prossima legislatura. Che si voti subito o fra qualche mese o anno, il Pd ha un’unica vera possibilità per vincere: comprendere che l’attuale alleanza è l’unica che ha il diritto di chiedere orgogliosamente consensi e voti.

E, se mi permettete, è anche quella che meglio di qualsiasi altra può garantire qualche speranza a quelli fra Voi che hanno tanta voglia di conservare il proprio scranno. A meno che il Vostro calcolo sia un altro: tornare a Roma costi quel che costi, anche in minoranza. Ma in questo caso credo che la discussione fra noi sarebbe chiusa per sempre.

fornola.tito@libero.it

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