Durante questo lungo e drammatico periodo, abbiamo assistito a tante polemiche legate al mondo dell’arte e della cultura. Da una parte c’è chi ritiene che queste non debbano essere considerate delle priorità, soprattutto ora. Dall’altra, c’è chi sostiene invece l’importanza della cultura e dell’arte soprattutto ora. Si scontrano qui, più che due atteggiamenti politici, due visioni del mondo e dell’uomo. E così, se da una parte si cerca di destinare la maggior parte delle risorse alle urgenze ritenute più decisive per le sorti del mondo, dall’altra si cerca di sensibilizzare i governi sul fatto che anche la cultura e l’arte, sono importanti al pari di tutto il resto.

Personalmente non so quale visione sia più corretta, so solo che a volte ci si imbatte in letture straordinarie, in frasi che possono ergersi come un faro nel buio, aiutandoci a maturare una visione (dall’alto?) delle cose. È il caso della meravigliosa chiusa di Claude Lévi-Strauss, nel titanico finale di Guardare, ascoltare, leggere (Il Saggiatore, 1994, traduzione di Francesco Maiello).

Considerate secondo una scala millenaria, le passioni umane si confondono. Il tempo non aggiunge né sottrae nulla agli amori e agli odi provati dagli uomini, alle loro promesse, alle loro lotte e alle loro speranze: in passato e oggi, questi sono sempre gli stessi. Sopprimere a caso dieci o venti secoli di storia non intaccherebbe in modo sensibile la nostra conoscenza della natura umana. La sola perdita insostituibile sarebbe quella delle opere d’arte che questi secoli avranno visto nascere. Gli uomini, infatti, differiscono, e anche esistono, solo attraverso le loro opere. Esse sole recano l’evidenza che nel corso dei tempi, fra gli uomini, qualcosa è realmente accaduto”.

Sarebbe bello se nel 2021, questi “versi” diventassero finalmente il manifesto di chi pensa che l’arte e la cultura non sono (solo) importanti, sono la sola cosa che resta, e che dirà qualcosa di noi…

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