Il coronavirus circola anche a scuola, soprattutto alle medie e alle superiori. A dirlo sono i risultati di uno studio realizzato da un gruppo di lavoro dell’Ausl di Reggio Emilia, pubblicato nei giorni scorsi su Eurosurveillance, rivista europea sulla sorveglianza, epidemiologia, prevenzione e controllo delle malattie infettive. Si tratta di un quadro significativo con numeri che possono essere molto utili per ragionare sulla riapertura il 7 gennaio delle scuole superiori al 75%. I promotori di questo monitoraggio hanno condotto delle indagini epidemiologiche dopo la prima campanella (15 settembre) fino alla metà di ottobre in 41 classi in 36 diversi contesti educativi in ​​ provincia di Reggio Emilia a seguito della notifica di un’infezione con sindrome respiratoria acuta grave da Sars-Cov-2.

A parlare sono i numeri: “Il tasso di attacco è stato più alto – scrivono i ricercatori sulla rivista – nelle scuole secondarie (6,6%) rispetto alle scuole elementari (0,38%), mentre non ci sono stati casi secondari nelle scuole dell’infanzia o tra insegnanti/personale. L’età media dei casi indice è stata di 13,3 anni dei contatti positivi è stata di 13,2 anni”. A commentare questo primo quadro è Paolo Giorgi Rossi, epidemiologo e coordinatore del gruppo di lavoro che ha realizzato l’indagine: “La trasmissione a scuola c’è, sopra i dieci anni. Il primo fattore che dobbiamo prendere in considerazione è proprio quello dell’età. Abbiamo osservato una percentuale di trasmissione bassa nei nidi e nel settore pre-scuola così nella primaria. Un dato che non è stato altrettanto tranquillizzante alle medie e alle superiori. Un risultato in linea con la letteratura internazionale”.

Giorgi Rossi non ha una spiegazione scientifica valida per spiegare questa situazione ma fa un’annotazione: “I bambini sono sempre asintomatici, questo potrebbe essere correlato col fatto che trasmettono meno il virus alle persone adulte ma allo stesso tempo anche gli adolescenti sono asintomatici eppure in questo caso la trasmissione non è così rara e le cariche virali sono molto alte”. L’indagine ha preso in considerazione anche i casi secondari: “Si sono verificati in nove cluster e hanno generato 38 casi secondari, con un tasso di attacco del 3,8%”. Un’analisi che l’epidemiologo spiega a Ilfattoquotidiano.it in questo modo: “Purtroppo non possiamo distinguere se la trasmissione è avvenuta in classe o in attività extra scolastiche che hanno coinvolto i compagni ma in alcune situazioni abbiamo osservato casi secondari dove risultava che i ragazzi non si fossero frequentati fuori dalla scuola. La trasmissione è bassa se siamo tempestivi a individuare i casi e ad isolarli”.

Nell’articolo pubblicato su Eurosurveillance, gli scienziati arrivano a questa conclusione: “La trasmissione all’interno delle scuole della provincia di Reggio Emilia, nord Italia, si è verificata in un numero di casi non trascurabile, in particolare nella fascia di età 10-18 anni, ovvero nelle scuole medie e superiori, mentre non sono stati rilevati casi secondari nei bambini in età prescolare, solo un caso nella scuola primaria e nessun caso secondario tra insegnanti e personale”. Una considerazione che dovrebbe far riflettere in previsione della riapertura delle scuole a gennaio. Paolo Giorgi Rossi non azzarda previsioni ma è chiaro: “Faccio un lavoro che è quello di quantificare gli effetti e le conseguenze dell’epidemia e cerchiamo di coordinare al meglio le attività per ridurre la diffusione dell’infezione. Non spetta a noi decidere ma possiamo solo provare a fare delle proiezioni. La nostra indagine può aiutare a capire le conseguenze della riapertura: noi abbiamo registrato ciò che è successo nel momento in cui le scuole erano tutte aperte”.

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