Nel post precedente ho accennato alle resistenze dei manager sull’ipotesi di meno tempo a parità di salario, legate al rischio di ‘perdere’ sugli obiettivi. Timori più che comprensibili, ma questo è il tempo di azioni straordinarie, “working as usual” sarà impossibile. Il management appare troppo impantanato in modelli di controllo novecenteschi basati sulla disponibilità fisica e psichica dei lavoratori per più tempo possibile.

Le strategie di lavoro efficace sono quelle della pianificazione degli obiettivi e Time Management rivisto ai giorni nostri – ne parlerò qui senza andare troppo sul tecnico, e sono soprattutto interessato al parere dei lettori su alcuni punti, come quello di una forte riduzione dell’uso dei social al lavoro su cui mi piacerebbe raccogliere commenti.

Ecco quello che un buon management dovrebbe ispirare – mentalità, cultura – e organizzare.
Tensione al risultato più che sul ‘fare’, definizione chiara dei risultati attesi a tutti i livelli. Definire chiaramente la ‘catena dei risultati’ (result chain) da raggiungere. Priorità: lavorare con la massima concentrazione e ‘tempo bloccato’ sulle priorità condivise (cose importanti ed urgenti) con meno riunioni possibili.

Ci sono sistemi piuttosto avanzati di gestione degli obiettivi oggi, da poter applicare ‘a cascata’ dal top management al middle management alle agende individuali. Un esempio interessante utilizzato anche nel Terzo Settore è l’Okr System, un tool di ‘performance management’ tra i più avanzati.

Gestione delle distrazioni: riduzione del numero di viaggi e riunioni fisiche esterne (con il Covid si è capito quanti viaggi fossero non essenziali). Lavoro da casa o da dove ci piace (se possibile) e riduzione degli spostamenti (e inquinamento). Riduzione lunghezza dei meeting (provare con il 25% e poi il 50% in meno). Eliminazione di whatsapp dal computer e delle chat whatsapp aziendali. Smartphone in modalità aereo e verifica solo nelle pause stabilite: le urgenze familiari ci sono, e c’erano anche prima dei telefoni portatili, sono molti i modi in cui essere raggiungibili anche senza essere sempre connessi. Controllo mail a scadenze precise. Uso attento di Skype, con disponibilità limitata.

Coordinamento e riduzione delle interruzioni: capire quando interloquire con un collega, in relazione ai suoi impegni su un calendar condiviso. Ma non rinunciare ai momenti caffè piacevoli e relazionali, in presenza o on line. Analisi ed ottimizzazione condivisa dei processi, sburocratizzazione, maggiore tolleranza di possibili errori.

Performance Development: programmi di supporto alla performance finalizzati non solo alla produttività ma alla qualità della vita sul lavoro e fuori, coaching. Premiazione dei risultati in benefit economici e/o con giorni liberi di recupero, perché come dice il lettore Jaw2: “anziché meno ore preferirei più giorni di ferie”!

Welfare Aziendale: supporto alle incombenze dei lavoratori anche esterne al lavoro, nidi aziendali, psicologi attivi soprattutto sul versante ansia e depressione, forte causa di assenteismo.

Per concludere questa tetralogia sul “lavorare meno, meglio, tutti”, direi che è una sfida per tutti, innanzitutto culturale, ma anche manageriale e personale. Una sfida che, se ben gestita, non potrà che creare più occupazione, e condizioni di lavoro più umane ed al tempo stesso più efficienti.

Parliamo di utopie, ma ‘la realtà è diversa’: ‘siamo sfruttati’ come dice un lettore? Anche quella del ‘900 in occidente, con i bambini in fabbrica, era la realtà: ma quanta strada abbiamo fatto da allora e quanto siamo riusciti a cambiarla?

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