“Io non sono venuto qui per arricchire la vostra cultura ma se possibile il vostro cuore. Non si possono uccidere milioni di persone se c’è la solidarietà”. Era solito dire così Nedo Fiano, tra gli ultimi sopravvissuti di Auschwitz, ai ragazzi delle scuole che incontrava per portare la sua testimonianza di deportato.

Della sua vita nel campo di concentramento dove arrivò dopo essere passato da Fossoli insieme con altri undici membri della sua famiglia, ne ha fatto qualcosa in più di un ricordo. Quella tragica esperienza cambiò la sua esistenza: “Ciò che ha connotato tutta la mia vita è stata la mia deportazione nei campi di sterminio nazisti. Con me ad Auschwitz finì tutta la mia famiglia, vennero sterminati tutti. A diciotto anni sono rimasto orfano e quest’esperienza così devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita”.

La sua matricola di prigioniero, A5405, è diventata parte del titolo di un suo libro pubblicato nel 2003. Quel ragazzo che dovette abbandonare la scuola a 13 anni perché di religione ebraica, non ha mai scordato il suo viaggio verso Auschwitz e lo ha sempre raccontato perché nessuno potesse vivere nell’ indifferenza.

“Il viaggio – raccontava Fiano negli incontri con gli studenti – durò sette giorni e sette notti all’interno di un vagone usato per il trasporto di bestiame, senza sapere cosa stesse succedendo e il perché. Alle sei del mattino dell’ottavo giorno il treno si fermò e le persone all’interno del vagone caddero una sopra l’altra. All’entrata del campo, intravidi, immerse nel buio, solo quattro ciminiere”.

La madre di Fiano morì il giorno stesso dell’arrivo al campo, mandata nelle camere a gas. L’11 aprile 1945 fu liberato dalle forze alleate nel campo di concentramento di Buchenwald, dove era stato trasferito dai nazisti in fuga, unico superstite della sua famiglia. Padre di Enzo, Andrea ed Emanuele, arrivati dopo il matrimonio nel 1949 con Rina Lattes, l’ex deportato nel 1963, decise di iscriversi all’università “Bocconi” di Milano laureandosi qualche anno più tardi.

Ed è da quel momento che Fiano decide di condividere con i più giovani la sua storia. Quarant’anni di incontri, di assemblee in ogni parte d’Italia e d’Europa. Un testimone eccezionale che non ha mai smesso di portare il suo messaggio nelle scuole di ogni ordine e grado catturando l’attenzione degli studenti con una rara capacità. Premiato con l’ “Ambrogino d’oro” dal Comune di Milano, Fiano è stato anche uno dei consulenti del film “La vita è bella” di Roberto Benigni. Un’esperienza, quest’ultima, che ha condiviso con Marcello Pezzetti, uno dei massimi studiosi della Shoah e suo amico intimo.

È lui a ricordarlo con la voce rotta dall’emozione: “Ho il cuore a pezzi. Non riesco a dire molte parole. Per me – spiega Pezzetti al Fatto Quotidiano.it – Nedo, era una specie di zio. Abbiamo perso un grande uomo. Lui è stato un esempio, con una forza di volontà incredibile. Mi lega a lui una profonda amicizia. Sono stato spesso a trovarlo alla casa di riposo e fino a poco tempo fa mi riconosceva”.

Lo storico ha ben in mente il valore che ha avuto Fiano in Italia e non solo: “Il suo racconto sulla selezione fatto nel film-documentario “Memoria” è stato visto in tutta Europa: è stato in grado di farci capire, come pochi altri, quello che succedeva agli ebrei arrivati ad Auschwitz. Siamo tornati tante volte insieme nel campo di concentramento e uno dei momenti più intensi è quando siamo andati con i suoi figli. Per me resta indimenticabile anche la sua voce. Si è salvato anche grazie al canto”.

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