Il faccia a faccia con Giuseppe Conte fatto durare dai renziani poco meno di mezz’ora, dopo averlo prima fatto saltare e poi rinviato, ha dato a Matteo Renzi e ai suoi una nuova scusa per allungare il logoramento del governo. La verifica di maggioranza proposta dal premier che, stando a quanto dichiarato da Pd e M5s martedì scorso, avrebbe potuto risolversi da giorni con un piano per arrivare a fine legislatura, è destinata così a restare in sospeso almeno fino ai primi di gennaio. “Esattamente come voleva Renzi”, dicono dalle parti di Italia viva. Così, anche questa mattina, è arrivata ormai puntuale la minaccia dell’ex premier. Che però stavolta ha tirato in ballo anche il Partito democratico, cercando di coinvolgerlo in un attacco al presidente del Consiglio da cui i dem si sono subito dissociati. Nicola Zingaretti ha mandato avanti il vicepresidente Pd Michele Bordo per evitare l’incidente diplomatico (“Renzi parli per Italia viva e ci lasci stare”) e contemporaneamente ha ribadito che la fase di verifica “va chiusa”. Peccato che le intenzioni di Renzi vadano esattamente nella direzione opposta: ora si apre la partita della legge di Bilancio e Italia viva non intende (dice) far mancare i voti, ma la resa dei conti è solo rimandata a gennaio. Nel mentre non mancheranno occasioni di scontro.

Oggi Renzi, la mattina dopo il faccia a faccia con il premier, ha parlato a Rai Radio 1: “Noi abbiamo detto ‘presidente, se vogliamo andare avanti noi ci siamo con lealtà, se ritieni che quello che proponiamo non va bene, con rispetto per le istituzioni, noi ci alziamo e ci dimettiamo‘”. Il ricatto è sempre lo stesso: quello esplicitato in Senato mercoledì 9 dicembre e che non si stanca di ribadire quotidianamente. Oggi però, Renzi ha aggiunto: “Il Pd mi pare d’accordo su tutto, M5s deve decidere cosa fare”. Ma le ipotesi a cui pensa il leader di Italia viva quali sono? Nel caos di retroscena, strategie e chiacchiere di palazzo, a fare più rumore degli altri è stata l’intervista di Giancarlo Giorgetti al Corriere della sera due giorni fa. L’ex sottosegretario del Carroccio ha detto che “Conte cadrà, ma il centrodestra non è pronto a governare”. E prova plastica ne sono le continue diverse posizioni tenute dai tre leader (Berlusconi, Salvini e Meloni). Siamo di fronte a ricostruzioni che al momento, stando a quello che trapela da fonti vicine al Quirinale, non avrebbero l’appoggio del presidente della Repubblica che invece avrebbe più volte paventato lo scioglimento anticipato delle Camere. Una strada, quella del ritorno alle urne, che è osteggiata non solo per la grave pandemia che sta affrontando il Paese, ma anche perché in estate inizierà il semestre bianco prima dell’elezione del nuovo inquilino del Colle. E proprio quella partita preme molto ai partiti (in primis a chi si sente troppo escluso dalle dinamiche politiche degli ultimi tempi, vedi Lega e Italia viva).

La minaccia a Conte, scaricando responsabilità anche sul Partito democratico, non è stata presa bene dalle parti del Nazareno. “Consiglierei a Matteo Renzi di parlare per Italia Viva, lasciando stare i gruppi del Partito democratico“, ha detto Michele Bordo, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera. “I parlamentari del Pd, quando hanno delle cose da dire sul Governo o sulle scelte politiche da compiere, come hanno sempre fatto, intervengono direttamente, senza bisogno di intermediari”. E il riferimento è non solo all’intervista a Rai Radio 1, ma anche all’intervista di Renzi al Corriere della sera quando ha detto: “Se ancora conosco i gruppi parlamentari Pd le dico che essi condividono la lettera che abbiamo inviato a Conte al 99%. Adesso tocca al gruppo dirigente del Nazareno decidere se fare sul serio o no”. Una provocazione dalla quale i dem vogliono dissociarsi in tutti i modi. “Per quanto ci riguarda, siamo impegnati a risolvere i problemi del Paese e a sfruttare nel miglior modo possibile l’occasione che la nuova Europa, a cui abbiamo dato un importante contributo, ci offre attraverso le risorse del Recovery Fund. Per questo crediamo che, specie in questo momento così drammatico, non serva una crisi ma un patto di legislatura che permetta di rilanciare l’iniziativa del governo. Ultimatum, duelli continui e spettacolarizzazioni non sono i metodi che i parlamentari dem apprezzano. Come abbiamo fatto in questi mesi, ottenendo per il PD anche importanti risultati sul piano elettorale e nell’azione di governo, continueremo a lavorare per rafforzare e dare una prospettiva politica a questa maggioranza rispetto alla quale, per quanto ci riguarda, non ci sono alternative”.

Intanto sullo sfondo restano i 5 stelle. Chi ha cercato di sminuire lo scontro in mattinata è stato il capo politico reggente Vito Crimi: “Posso dire che non ho visto ultimatum e che, complessivamente, rispetto a quelle che sembravano dovere arrivare sul tavolo ho visto che ci sono anche delle richieste di buon senso e condivisibili”, ha detto a Rainews 24. “Troveremo presto la quadra”. Una tranquillità che però, al momento, non è molto condivisa nell’esecutivo. Poco prima aveva parlato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico d’Incà: “Tutti sono liberi di fare quello che vogliono, per il M5s ci sono due priorità: la vaccinazione per tutti e il recovery plan, per gestire al meglio i 209 mld. Mes e servizi nelle sue richieste? Noi diciamo ‘vogliamo lavorare sul recovery plan'”. Insomma, di sicuro nessun avvicinamento alle proposte

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