Con il lockdown quello che mi succede, molto, succede al cellulare. Che altrove non si muove una foglia, ma lì dentro, invece, è tutto un subbuglio di azioni ed emozioni. Ed è con il lockdown, infatti, che la mia relazione col cellulare si è trasformata, direi, in qualcosa di malsano.

Non posso dare la colpa allo strumento in sé, perché col Covid passi – appunto – la vita al telefono, lo usi per lavoro, non è che lo puoi mettere in un angolo e quello non dà più fastidio. Sono le persone che senti e non puoi vedere, le tue relazioni con i social media, le foto, le email, i colleghi, gli amici, i parenti. Il tuo universo affettivo e professionale. Un precipitato della vita che avevi – se la avevi – e una promessa per la tua vita futura, quando si potrà nuovamente averne una.

Cosa fai, metti da parte pure quelle vite possibili e ti ritrovi in casa da sola con te stessa se va bene, o coi tuoi famigliari se ti va, e quando hai terminato con le migliori intenzioni tutte le doverose letture e i giochi in scatola e le ricette della nonna, poi a un certo punto o prendi una lametta o prendi il cellulare. E ti distrai un po’.

Tuttavia, tra il distrarsi un attimo e passare la vita appiccicata allo schermo il passo è breve, e rischia di trasformarsi presto in confusione. Segui conversazioni di casa, fai la spesa, sei in conferenza so Zoom e nel frattempo segui il cellulare e il casino che si sta sviluppando nelle chat di Whatsapp, perché da quando sono arrivate le chat di Whatsapp nelle nostre vite il casino si è moltiplicato a dismisura.

Il meccanismo delle persone in un unico luogo civile e digitale, unite per chiacchierare di argomenti appassionanti, che inizialmente mi piaceva perché mi permetteva di unire le persone che amo nei posti miei, e di conoscere persone diverse in posti altrui, in realtà si è trasformato in un luogo comune, un posto dove è difficile semplicemente stare.

Se ci sei e non parli e leggi soltanto, è come non esserci. Se ci sei e parli, allora devi seguire il discorso, non puoi uscirtene con un’affermazione senza poi sostenerla. Ed è come essere in una piazza, ma non sei in una piazza perché spesso non sai neppure con chi ti stai confrontando. E poi lasci il cellulare da una parte e ci pensi un attimo e ti dici: perché lo sto facendo? Perché non sto parlando con mia madre mio padre mio zio mia cugina mio nonno mio figlio il mio comodino la tappezzeria magari ma sto parlando con questo emerito sconosciuto?

Forse, lo sto facendo perché mi fa sentire che esisto, sentire meno sola? Forse, lo sto facendo perché è un modo per entrare in contatto con qualcuno nel momento in cui non riesco ad avere un contatto vero da quasi un anno? E poi, tutte queste persone, quando mai le incontrerò? Forse con loro posso essere davvero me stessa perché sono libera? Whatsapp lo puoi silenziare, ma non lo puoi spegnere.

E al contrario di messaggi normali, quando guardi tutti quei numeri dei messaggi, sembra che ti stiano scrivendo a te centinaia di persone. Invece queste centinaia di persone – esattamente come te – stanno scrivendo a sé. E in ogni posto in cui sarai, questi messaggi nella bottiglia si moltiplicheranno e moltiplicheranno ancora, sempre di più.

Questo Natale, quindi, mi faccio un regalo. Imparo a spegnere Whatsapp e metterla in fondo alle app. Le persone, se cercano proprio me, mi troveranno con i messaggi, o sul cellulare. E se in 7 giorni non imparo a controllare la cosa, a usare le chat in orari stabiliti, questo Capodanno esco da tutte le chat. Lascio solo quelle delle mie amiche e dei miei amici. Quelle di lavoro magari. Tutte le altre, addio!!!! Ricomincio così. Sarà un 2021 davvero essenziale!

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