Torna di nuovo davanti alla Consulta la legge Severino. La norma per prevenzione e la repressione della corruzione tra i politici, approvata ormai quasi otto anni fa, è sempre uscita indenne dalle eccezioni di costituzionalità sollevate nel corso degli anni. Una delle questioni riguardava la sospensione degli eletti negli enti locali, anche con condanna non definitiva: per la Corte costituzionale la norma che disciplina la candidabilità nonché sospensione (per amministratori) e decadenza (per i parlamentari) rispetta la legge fondamentale dello Stato. Il Tribunale civile di Catania ora invia ai giudici un nuovo quesito. Accogliendo la richiesta del collegio di difesa sulla fondatezza della questione di legittimità costituzionale relativa all’applicazione della legge Severino, ha trasmesso gli atti della richiesta di “annullamento” alla Corte costituzionale sulla sospensione dall’incarico di sindaco di Salvo Pogliese. La decisione è esecutiva e Pogliese, che era stato sospeso dall’incarico per 18 mesi per essere stato condannato a quattro anni e tre mesi per peculato dal Tribunale di Palermo per l’uso di rimborsi spesi quando era capogruppo all’Ars del Pdl, è reintegrato nell’incarico di sindaco. La condanna era arrivata il 23 luglio scorso e dopo la sospensione prevista dalla legge c’era stato il ricorso.

Il Tribunale di Catania, in composizione collegiale, presieduto da Massimo Escher, relatrice la giudice Viviana Di Gesu, ha dichiarato “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale” sollevata dalla difesa del prima cittadino, “nella parte in cui stabilisce la sospensione cautelare nella misura fissa di diciotto mesi” della legge Severino. “La gravità e l’irreparabilità del danno – scrivono i giudici nel provvedimento – impongono l’adozione della misura cautelare richiesta; di conseguenza deve essere disposta la sospensione cautelare provvisoria degli effetti del decreto prefettizio impugnato fino alla udienza che verrà fissata successivamente alla definizione della questione di legittimità costituzionale sollevata da questo Tribunale”.

Secondo il Tribunale la “questione sollevata” dai legali del sindaco Pogliese (tutte le altre sono state repinte, ndr) “è certamente rilevante” e “anche ammissibile, considerato che, ove accolta, non occorre alcun intervento ulteriore del legislatore per il funzionamento dell’istituto“. Secondo i giudici, infatti, la legge non è chiara sui termini di sospensione dall’incarico del sindaco e occorrerebbe intervenire in modo da dare “il potere del prefetto di determinare la durata della sospensione sino al massimo di 18 mesi, neppure in ordine ai criteri per la sua determinazione”.

Per il Tribunale esiste al momento “la sussistenza del fumus boni iuris” e anche del “periculum in mora, in relazione alla compromissione del fondamentale diritto di elettorato passivo che non potrebbe trovare alcuna congrua forma di ristoro in sede risarcitoria, considerata peraltro la durata temporalmente delimitata del mandato elettivo”. “Invero, l’applicazione del provvedimento prefettizio di sospensione – rilevano i giudici – laddove fossero fondati i dubbi riguardo alla legittimità costituzionale delle norme di cui sopra e, quindi, circa la sua legittimità, comporterebbe un’indebita e eccessiva restrizione all’esercizio dell’elettorato passivo e del libero svolgimento del mandato elettorale, con conseguente danno per il dr. Pogliese non riparabile né risarcibile”.

Secondo i giudici: “In relazione all’ampliamento dei reati, ontologicamente diversi e di diverso allarme anche sociale e di diversa incidenza quindi sul pregiudizio dell’ente, la cui condanna non definitiva dà luogo alla sospensione dall’esercizio della pubblica funzione elettiva – non appare manifestamente infondata la questione di incostituzionalità delle disposizioni sopra indicate nella parte in cui, prevedendo la sospensione in misura fissa, non consentono di valutare, ai fini della determinazione della misura della sospensione, l’entità del pregiudizio dell’ente”.

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