“Nelle persone colpite dal covid il sintomo della perdita dell’olfatto è uno dei più comuni. Il suo recupero è lento e graduale. Dopo un paio di settimane dall’infezione, una persona su 4 recupera l’olfatto, ma una persona su 10, anche dopo 8 mesi dall’infezione, non torna a sentire gli odori come prima. Tuttavia, dati su altri virus ci fanno pensare che sia possibile recuperare l’olfatto fino a 2 anni di distanza dall’infezione. E quindi i ricercatori sono ottimisti”. Così, a “Dimartedì” (La7) la biologa Barbara Gallavotti spiega il fenomeno della perdita dell’olfatto nei pazienti colpiti dal covid.

L’autrice di “Superquark” si sofferma sul meccanismo con cui avviene la mancata percezione degli odori: “Sembra che ci sia un danno a carico del epitelio olfattivo, che è un sottilissimo strato di cellule posto nella parte superiore della cavità nasale e che ci serve per percepire gli odori. In questo strato di cellule ci sono i neuroni olfattivi, ognuno dei quali è specializzato nel captare un particolare odore. A essere colpito dal virus probabilmente – continua – non sono le cellule olfattive, che captano da protagoniste gli odori, ma le cellule di supporto che stanno intorno. Se queste stanno male, perché il virus le attacca e le uccide, anche le cellule nervose che dovrebbero captare gli odori muoiono oppure stanno molto male. Ma per fortuna da quelle parti ci sono anche le cellule staminali che possono ricostruire tutta la struttura. Ci vuole un tempo più o meno lungo, a seconda di quanto è esteso il danno”.

Riguardo al recupero dell’olfatto, Gallavotti puntualizza: “Quando le persone ricominciano a sentire gli odori, può succedere qualcosa di veramente strano: si parla di allucinazioni e di distorsioni olfattive. Qualcuno dice di sentire dappertutto l’odore del detersivo per i vetri, qualcun altro si sente addosso un odore che non è il suo. Questo succede perché, quando la cellula nervosa che capta gli odori si riforma, certe volte nel riprendere il contatto col cervello non va nella parte che le spetterebbe – conclude – Immaginiamo un citofono: è come se il virus tagliasse i collegamenti con gli appartamenti. Quando una molecola di caffè arriva e vuole annunciare la sua presenza nel proprio appartamento, succede che il citofono squilla invece nell’appartamento del vicino, che può essere, ad esempio, la famiglia cipolla. E quindi bevendo il caffè, possiamo avere l’impressione di sentire l’odore della cipolla. Ma per fortuna sembra che sia una sensazione passeggera”.

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