Avevano registrato centinaia di assunzioni all’Inps. Ma le imprese esistevano soltanto sulla carta. Molti dei lavoratori neanche sapevano di aver sottoscritto un contratto. Altri invece erano ben consapevoli, avendolo firmato in prossimità della data di scadenza del permesso di soggiorno. O per ottenere l’indennità di disoccupazione. Una truffa da oltre un milione di euro, svelata dai carabinieri del comando provinciale di Trapani, che hanno messo i sigilli ai beni di cinque persone, indagate per concorso in truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, eseguendo un sequestro preventivo su richiesta della Procura di Marsala. A tenere i conti delle aziende era il commercialista Francesco Di Pietra, 50enne consulente del lavoro di Mazara del Vallo per cui i pm avevano chiesto l’interdizione dall’esercizio della professione, rigettata dal giudice per le indagini preliminari di Marsala. Che invece ha disposto il sequestro dei suoi beni, degli imprenditori Sergio Agnello, Nicolò Passalacqua e Salvatore Asaro e di Medhi Ammari, accusato di aver fatto da “reclutatore dei falsi lavoratori di nazionalità extracomunitaria”. Con loro sono indagati 241 “falsi lavoratori”.

Un sistema parzialmente confermato da Agnello, che nel giugno 2018 chiese di essere ascoltato dai pm, dopo aver ricevuto la notifica di un verbale di accertamento. “Passalacqua mi propose di fare delle assunzioni e di prendere dei finanziamenti”, raccontò l’imprenditore, aggiungendo che “Passalacqua è titolare di una ditta che fa le stesse cose che venivano fatte con la mia ditta, cioè assunzioni fittizie per ottenere contributi Inps e permessi di soggiorno. Questa ditta del Passalacqua viene gestita pure dal Di Pietra, come è accaduto con la mia”. All’indomani di questo interrogatorio però l’imprenditore avrebbe continuato, tanto che i carabinieri del comando provinciale di Trapani e del Nucleo ispettorato del Lavoro, hanno evidenziato che lo “stop delle assunzioni per la ditta di Agnello e residuale per la ditta di Nicola Passalacqua”, avviene “in coincidenza con il picco di assunzioni effettuate per la società cooperativa Multiarea, di 40 unità tra giugno ed agosto 2018.

Il meccanismo – che ha prodotto un ricavo di 67 mila euro, non versato all’Inps – ruotava attorno a quattro imprese, tre edili ed una agricola. L’indirizzo dei loro uffici era lo stesso delle residenze in cui abitavano e anche gli uffici e i terreni su cui avrebbero dovuto eseguire i lavori, non erano nelle loro disponibilità. Nel corso degli accertamenti, i militari dell’Arma hanno acquisito gli elenchi dei lavoratori assunti nel corso degli ultimi anni. Molti di loro però, nello stesso periodo in cui erano stati contrattualizzati, si trovavano altrove. Come un ragazzo tunisino, da tempo residente a Sant’Etienne in Francia o un connazionale nel frattempo tornato in Tunisi. Poi c’è anche chi ha confessato di essersi accordato “per aver caricati 75 giorni di contributi con na ditta non meglio precisata per poter così ottenere la disoccupazione e gli assegni familiari”, consegnando in totale 1300 euro. “A Campobello di Mazara c’è un soggetto tunisino che si chiama Ammari Medhi e che recluta i tunisini che devono regolarizzare la propria posizione in Italia – ha detto Agnello ai magistrati -, raccoglie i loro documenti e li porta a Di Pietra, il quale li elabora e fa l’assunzione”.

L’indagine si è avvalsa anche di intercettazioni telefoniche ed ambientali. Nello specifico il gip di Marsala ha stabilito il sequestro di 19.141,72 euro per le imprese di Agnello, 149.579,62 euro per Asaro e di 507,660,85 euro per Passalacqua, Ammari e il commercialista Di Pietra a cui è stato sequestrato lo studio professionale. Rispetto alla posizione del commercialista Francesco Di Pietra – si legge nel provvedimento del gip – occorre evidenziare come questi, una volta intrapresa la presente attività investigativa e venuto a conoscenza dei controlli in atto, abbia improvvisamente proceduto ad azzerare tutte le posizioni lavorative riconducibili all’Agnello, chiaro sintomo della consapevolezza della natura illecita e fittizia dei rapporti di lavoro instaurati ed indice della sua compartecipazione alle ipotesi delittuose accertate”.

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