Lo Stato Islamico è vivo. Anzi, non è mai morto. Perché se il sogno utopico della restaurazione del Califfato in terra di Siria e Iraq è franato, seppur dopo anni in cui ha scatenato il terrore non solo in Medio Oriente, ma in tutto il mondo, ciò che non ha mai conosciuto una flessione è l’ideologia estremista che muove i nuovi miliziani del jihad, l’humus del radicalismo anche europeo.

Non importa, quindi, se l’ombra delle Bandiere Nere sia riapparsa solo marginalmente nell’uccisione del professore Samuel Paty, decapitato da un 18enne di origine cecena in una banlieue di Parigi, e nell’ultimo attentato di Vienna, ma non in quello di Nizza, rivendicato invece da un fantomatico gruppo sconosciuto alle autorità, Ansar al-Mahdi, che opererebbe nel sud della Tunisia. Ciò che importa è che, indipendentemente dal brand che decidono di sposare, che sia Isis, al-Qaeda o altri del panorama jihadista, nelle città europee le sacche di radicalismo sono ancora vive come negli anni terribili del terrorismo islamista, dal 2015 in poi.

Per anni, le azioni delle cellule dormienti, degli affiliati, o anche solo dei cosiddetti ‘lupi solitari’ si sono fermate. Questo perché nel giro di un paio di anni il gruppo che si è fatto conoscere sotto la guida di Abu Bakr al-Baghdadi ha subito due duri colpi. Nel 2017 la definitiva perdita di tutti i territori controllati in Siria e Iraq, arrivati ad avere un’estensione pari a quella della Gran Bretagna nel periodo di massimo splendore del nuovo Califfato; nel 2019, invece, l’uccisione da parte di un commando delle forze speciali americane del leader del gruppo terroristico.

Da quel momento, la lotta di potere interna e le necessità di sopravvivenza dei miliziani sfuggiti all’avanzata della coalizione curdo-occidentale e alle offensive di quella formata da Mosca e Damasco hanno messo in ginocchio il gruppo. Ma coloro che avevano già sposato la sua causa hanno solo dovuto attendere. Oggi le Bandiere Nere hanno un nuovo leader, proprio colui a cui, secondo il Kronen Zeitung, poco prima dell’attacco aveva prestato giuramento di fedeltà Fejzulai Kujtim, il 20enne considerato il principale autore dell’attentato nella capitale austriaca: Abu Ibrahim al-Hashimi al-Quraishi.

Una figura rimasta ancora nell’ombra, di cui si conosce il passato, il ruolo svolto nell’organizzazione fin dalla nascita, ma che rimane lontana dai riflettori, senza mostrare, almeno al momento, il carisma e la leadership del suo predecessore. In estate è anche circolata la notizia, rivelata da alcuni documenti desecretati e diffusi dal Combating Terrorism Centre, che al-Quraishi è stato un informatore statunitense durante il suo periodo di detenzione nella famigerata prigione Usa Camp Bucca, vicino a Bassora, in Iraq, ribattezzata L’università del jihad. Sottoposto a 66 interrogatori tra il 2008 e il 2009, fece i nomi di 88 suoi compagni in al-Qaeda colpevoli di rapimenti, agguati contro le forze occidentali ed esperti nella fabbricazione di ordigni esplosivi. Lì, dove era rinchiuso insieme ad altri esponenti del gruppo fondato da Osama bin Laden, incluso lo stesso al-Baghdadi.

Al-Quraishi è considerato uno degli ideologi più importanti di Isis. Per questo e grazie anche alla lunga militanza al fianco del leader di Daesh, il terrorista si è ritagliato un ruolo centrale nei processi decisionali del gruppo. Di lui si sa che è nato da una famiglia di origine turkmena nella città di Tal Afar, a circa 80 chilometri da Mosul, ex capitale irachena di Isis, e questo lo rende uno dei pochi non arabi alla guida dell’organizzazione terroristica. Figlio di un predicatore sunnita, come al-Baghdadi è un profondo conoscitore dei testi sacri, oggetto dei suoi studi universitari.

Ex ufficiale dell’esercito sotto la presidenza di Saddam Hussein, fa parte di quella schiera di soldati ex baathisti che hanno poi messo a disposizione di Isis le loro capacità militari. Dopo l’uscita da Camp Bucca, nel 2009, continua la sua carriera nei gruppi estremisti islamici iracheni fino ad abbracciare la causa di Daesh: è lui ad aver guidato la persecuzione degli yazidi nel Paese mediorientale scalando così i vertici dell’organizzazione. Oggi, come testimonia il giuramento di Kujtim, sta diventando il nuovo punto di riferimento per i soggetti radicalizzati di tutto il mondo.

Twitter: @GianniRosini

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