Amici di Kitikaka è giunta l’ora di abdicare. Dopo aver visto una puntata de La Gradinata Sport su Sardegna 1 è impossibile continuare a satireggiare sul calcio in tv. Rimettiamo il mandato di fronte alla statua bronzea di Maurizio Mosca e consegniamo pistola e distintivo all’ispettore Varriale. In una stanzetta che sembra la sala d’attesa di un medico della mutua va in onda l’ultima puntata del programma ideato e diretto da Gennaro Longobardi. Un’artista che ha sputato sangue per la sua rete tv inventandosi programmi di successo come La Corridona, La ruota della follia, Gennaro Show. E Dio ci strafulmini se ci stiamo inventando qualcosa. Longobardi ha raccolto in una stanzetta che sembra la sala d’attesa del dentista alcuni ospiti/commentatori che chiama con il nome proprio: Gavino, Italo, Roberto, Marco. La particolarità di questa messa in scena sta nel fatto che il cameramen è al centro della stanza quadrata e usa la telecamera a spalla per andare avanti e indietro, modello mare mosso all’isola de La Maddalena, come fosse Lars Von Trier nelle Onde del destino. Cerchiamo di capirci.

Perché la disposizione nello “studio” è cruciale. Longobardi, e tutti i suoi ospiti, sono bardati con mascherina, guanti, calzari, tute da palombaro che nemmeno allo Spallanzani. Il conduttore rimane distanziato un metro abbondante allungando spesso il microfono tanto che ricorda una di quelle mosse improvvise e scattose alla Pozzetto. Taaac! Ed ecco il primo ospite. Si chiama Roberto. È molto agitato. A livello di prossemica è un po’ il Preti di Trentesimo Minuto o lo Zazzaroni sbarazzino e abbronzato che spadroneggia tra cocktail e milf sul lungomare di Porto Rotondo. Ha un cappello in testa (come il conduttore) e dietro di sé fa intravedere una parte di termosifone, un cartello con alcune indicazioni antiCovid e un dispenser con soluzione alcolica. Roberto oltre ad essere agitato è pure parecchio “schifato, nauseato, arrabbiato”. E con chi? Con il Cagliari che ha perso al Dall’Ara di Bologna per 3 a 2. “Sono dei falliti a livello sportivo intendo, non umano e familiare (?)”, spiega riferendosi ai proprietari dalla squadra rossoblu, da Cellino a oggi. E poi specifica che quella che sta facendo è una battaglia contro i cugurra (gente che porta iella, insomma). Gesti apotropaici d’ordinanza – taaac! – e via con il secondo ospite: Gavino.

Difficile capire bene l’età del signore sotto la maschera. Facile capire che deve essere un ribelle pure lui, tutto zeppo di orecchini, anellazzi e bracciali. Gavino è sprofondato su un divano bianco, di fianco al quale mancano giusto i numeri arretrati e un po’ segnati di Oggi e Gente di metà anni Ottanta. Gavino, per la cronaca, sembra avercela anche lui con i difensori del Cagliari. Ancora un altro scarto a 90 gradi della telecamera – taaac! – e sbuca “mister Italo”, un anziano signore che prova a spiegare gli schemi (saltati) del Cagliari in campo sulla lavagna. Solo che lo stratega del Campidano ha a disposizione un’antica lavagna in ardesia che non gli permette di usufruire delle più mobili e funzionali magnetiche pedine da spostare sulla lavagna/piano, ma di disegnare con marmorea fissità i numerini delle maglie dei giocatori con il gessetto lasciandoli dove sono per circa un’ora. Sappiamo che questa nell’immediato non fa ridere, ma se ci pensate solo per qualche secondo è una situazione talmente surreale di per sé che non necessita alcuna modifica. Immaginazione al potere, insomma. Oltretutto un po’ offuscata da un’ombra perenne su mezza lavagna visto che dietro di essa c’è pure una finestra aperta. Altro giro di novanta di gradi – taaac! – ed ecco un altro ospite. Il nome non viene detto, ma è chiaramente un sosia di Maradona con tocchi alla Evo Morales.

L’eloquio è chiaramente sardo purissimo, ma il raddoppio delle consonanti diventa un galoppante triplicare e quadruplicare: auspiccio, purrrtroppo, prrrrima, ma anche “gli avversari avanzavano ai limiti dell’arrrrrrria (con la i ndr)”. Last but not least, l’ultimo ospite in felpa ha sullo fondo un telefono nero da receptionist, una porta mezza aperta con un cartello appeso alla maniglia e la sicumera di chi il calcio lo mastica fin bambino: “Gli schemi c’erano, ma erano sbagliati”. La gradinata Sport si arricchisce poi di un collegamento esterno con Barbara. Una bella ragazza mora con mascherina che, dalla panchina di un parco, commenta nuovamente (sarà la sesta volta in venti minuti) la sconfitta in campo del Cagliari a Bologna. La fanciulla non mette a referto alcun particolare guizzo ma si registra un simpatico cagnolino che passa – taaaac! – in profondità di campo con il padrone mentre sembra proprio l’ora della pipì. Le pagelle? Le fa una signora dalla stanza di casa sua (a proposito Di Francesco si prende una brutta insufficienza con un 5,5). Infine, La Gradinata Sport fedele allo spirito nazionalpopolare del titolo chiude con una querelle che avrebbe spinto Saviano ad una denuncia presso il tribunale de L’Aja. Il Roberto dell’inizio, quello sulfureo, richiama alcuni giocatori di origine africana del Bologna e del Cagliari sostenendo che “ama le pantere”. Il cameramen pronto a tutto, qui perfino agli applausi, da solo, fuori campo, alla fine dei discorsi degli ospiti, sembra come redarguire Roberto sulla questione razzista; ma questi, invece, si inviperisce come una biscia chiosando: “Vorrà dire che mi aprirò uno zoo”. Gelo in studio che infine scopriamo non essere sala di aspetto di alcun ufficio o delle poste, ma la sede cagliaritana di Scientology. E anche questa, per l’ennesima volta, non è una battuta.

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