“Volevamo semplicemente spiegare il nostro dissenso al nuovo Dpcm, la nostra voglia di lavorare, ma ora rischiamo di apparire ingiustamente come negazionisti“. Sì, abbiamo fatto una cazzata invitando quel medico”. Sono rammaricati gli organizzatori della manifestazione di protesta che lo scorso 29 ottobre ha riunito a Taranto imprenditori e commercianti arrabbiati per le nuove misure imposte dal Governo. La loro rabbia, la loro protesta è stata completamente offuscata dall’intervento sul palco di Pasquale Mario Bacco, il medico campano che sul palco ha lanciato anatemi contro polizia e operatori sanitari e poi ha invitato tutti a togliere le mascherine “perché non servono a un cazzo – ha detto dal palco per poi aggiungere – abbracciatevi e stasera fate l’amore perché non è il virus che ci uccide, sono loro che ci stanno uccidendo”. Una tesi negazionista che ha riscosso un discreto successo tra coloro che erano presenti: 3mila secondo gli organizzatori, non oltre 500 secondo la Questura. Al di là dei numeri, però, gli applausi alle parole di Bacco non sono stati pochi. Anzi. Quelle parole, però, hanno scatenato la polemica di tanti, compresi i medici tarantini. Il presidente dell’ordine ionico, Cosimo Nume, ha annunciato l’avvio delle “azioni volte ad acquisire le generalità del sedicente ‘medico’ che – hanno scritto in una nota alla stampa – ha proferito dal palco gravissime accuse nei confronti degli operatori sanitari impegnati in questa dura battaglia contro la pandemia”. L’ordine dei medici ha aggiunto che “qualunque sia la collocazione professionale del sedicente “medico”, il gravissimo episodio sarà perseguito con gli atti dovuti e nelle sedi opportune”.

E contro gli organizzatori si è invece scatenata una parte dell’opinione pubblica. A ilfattoquotidiano.it Tiziano Ricci e Fabio Palumbo, due tra gli organizzatori dell’evento, hanno spiegato che l’intervento di Bacco, proposto da colleghi imprenditori di Bari, doveva servire a fornire informazioni mediche e scientifiche: “prima di salire sul palco – ha spiegato Ricci – aveva concordato quale indirizzo dare alla sua partecipazione, ma poi ha detto delle cose blasfeme. Noi non siamo negazionisti, quella sera avevamo organizzato un servizio per distribuire mascherine e far rispettare la distanza di sicurezza, come potevamo immaginare che dicesse quelle cose?”. Eppure un campanello d’allarme era arrivato: poco prima di salire sul palco, una delle donne che ha condotto la serata ha avuto un battibecco con il medico perché non indossava la mascherina. Proprio lei aprendo la lunga serie di interventi ha voluto rivolgere un pensiero alle famiglie che hanno perso familiari a causa del Covid specificando “noi non siamo negazionisti”.

Dopo l’intervento del medico, però, nessuno ha subito preso le distanze da quelle affermazioni: “Ci siamo dissociati il giorno dopo perché sinceramente – ha chiarito Ricci – visti anche gli applausi che c’erano stati abbiamo temuto che potesse scatenare reazioni nella folla. Mi rendo conto alla luce di quello che è successo, abbiamo fatto una cazzata a invitarlo perché per quei cinque minuti non si possono buttare all’aria 120 minuti di storie reali”. E il loro maggior cruccio è proprio questo: le loro storie, le loro proposte sono state spazzate via. “Volevamo innanzitutto dimostrare che anche Taranto mostrava il suo dissenso riunendosi senza colori politici e senza violenza per mostrare la voglia che abbiamo di lavorare. Per noi non lavorare e più terribile che prendere il virus perché se noi non riusciamo a pagare le tasse anche le persone anziane, che sono giustamente quelli da proteggere di più, tra qualche mese non avranno la pensione. E quindi invece che del virus moriranno di fame”.

Nel centro di Taranto queste frasi appaiono come il contraltare alla questione Ilva: da anni i tarantini combattono i provvedimenti dello Stato che tutela la produzione d’acciaio a scapito della salute di operai e cittadini, ma ora che il governo interviene per mettere al primo posto la salute, la reazione non sembra molto cambiata. “No, no – ribattono Ricci e Palumbo – non paragoniamo Ilva al Covid. Sono due cose completamente diverse. E comunque quello che noi vogliamo spiegare è che se dobbiamo chiudere le serrande, lo Stato ci deve garantire di poter andare avanti dignitosamente: con 600 euro al mese noi non paghiamo nemmeno l’affitto. Il Governo ci ha fatto riaprire in sicurezza chiedendoci, dopo due mesi di chiusura, di spendere soldi per una serie di misure di sicurezza e l’abbiamo fatto. Tutti sapevamo che questa sarebbe stata la fase di convivenza con il virus e ora ci chiedono di chiudere di nuovo. Guardate che tutte le tasse di quei mesi di lockdown non sono state cancellate, sono state spostate: da quando abbiamo riaperto dobbiamo affrontare le spese correnti e anche capire come rientrare dei debiti accumulati fino ad ora. Affitti, bollette, fornitori, stipendi, contributi. Il decreto Ristoro – hanno concluso – non ci permette nemmeno di coprire le spese del lockdown. Dov’è il ristoro? Questo è quello che abbiamo raccontato quella sera. Purtroppo nessuno lo ha ascoltato”.

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