Un virus si aggira per il mondo, distruggendo vite, famiglie, imprese, professioni e speranze. Ma non è il Covid-19. Sì, il coronavirus è “soltanto” l’elemento nuovo e ultimo che semmai mette in risalto e aggrava gli effetti nocivi del vero virus di cui sopra.

Presto o tardi la scienza sconfiggerà il Covid-19, come ha fatto nel corso della Storia con tutte le altre pandemie, non dopo che avremo registrato vittime e danni gravissimi per la salute individuale e collettiva, ma il vero virus di cui dovremo comunque occuparci è un altro.

Sto parlando del virus della lotta di classe, ovvero di un sistema, quello tecno-finanziario e liberista, in cui siamo immersi da almeno un trentennio, che ha reso possibile il riemergere di un’ingiustizia sociale, di politiche contro l’umano e, infine, di una disuguaglianza sociale ormai intollerabili.

Basti solo fare riferimento a un dato, che traiamo dalla lettura dell’autorevole quotidiano inglese The Guardian: secondo un rapporto della Banca svizzera d’investimento Ubs, al culmine della crisi seguita all’emergenza Covid, tra aprile e luglio 2020, proprio mentre milioni di persone avevano perso il proprio lavoro o stavano lottando per resistere alle stringenti restrizioni governative, i miliardari avevano aumentato la propria ricchezza di oltre un quarto (27,5%).

I più ricchi, in buona sostanza, avevano tratto vantaggio principalmente dalle scommesse sulla ripresa dei mercati azionari globali quando erano al loro punto più basso durante i lockdown di marzo e aprile. Joseph Stadler, capo del settore che si occupa dei patrimoni famigliari delle persone più ricche al mondo per conto della suddetta banca svizzera, ha dichiarato che i super-ricchi sono stati in grado di beneficiare della crisi perché hanno avuto lo “stomaco” per acquistare più azioni delle compagnie quando i mercati azionari di tutto il mondo stavano crollando.

La situazione di disuguaglianza di patrimoni e rendite, a livello mondiale, è stata ampiamente documentata da svariati studi, portando alla conclusione per cui “se le tendenze attuali in materia di disuguaglianza di patrimonio dovessero continuare così, nel 2050 lo 0,1% più ricco del globo possiederà da solo più del patrimonio di tutta la classe media mondiale” (AA.VV., Rapport sur les inegalités mondiales 2018, Seuil).

È qui che, secondo me, possiamo comprendere come il virus della nuova lotta di classe, che si manifesta attraverso privilegi e disuguaglianze intollerabili in un mondo evoluto, rappresenti la vera emergenza sociale del nostro tempo, lo spettro che si aggira per il mondo avendo la forza per distruggerlo.

Sovranismi, nazionalismi, negazionismi, disubbidienza sociale contro le misure di lockdown attuate dai governi non sono altro che l’espressione esteriore di un disagio esistenziale e di un malessere sociale alimentati da un sistema economico e produttivo che non funziona più. Innanzitutto perché non fa gli interessi della maggior parte dei cittadini, ma semmai li strumentalizza e impoverisce in vista dei fini e della ricchezza di pochi multimiliardari, delle loro banche e multinazionali.

Da questo punto di vista, forse soltanto da questo, il Covid-19 può essere visto come un’occasione. Per ripensare quel modello produttivo che non funziona più e per ridisegnare tutti insieme una società che sappia contemplare al proprio interno giustizia sociale, valorizzazione del merito, tutela delle fasce umane e sociali più deboli e fine dei privilegi. Come, mi si chiederà: con quali misure?

Ne avanzo una, qui ed ora: si arrivi pure a questo lockdown, perché è evidente che non c’è altra misura per contenere una pandemia che si è nuovamente fatta drammatica e mortale. Ma i capi di governo si uniscano, facciano fronte comune e impongano alle istituzioni sovranazionali della finanza (Fmi, Banca mondiale, Ocse, Banca europea etc.) un “Piano Marshall” per le imprese e i cittadini che altrimenti usciranno distrutti (se non morti) da questa pandemia.

Si appronti subito un reddito minimo di cittadinanza (dov’è l’Europa? Non è forse adesso che potrebbe mostrarsi esistente e unita?), a costo di prelevare liquidi là dove ce ne sono fin troppi e distribuirli là dove cominciano drammaticamente a mancare. Chi dovesse accusare questa proposta di utopia lo faccia pure, ma si ricordi che l’alternativa ce l’abbiamo già sotto gli occhi: conflitto sociale, rivolte, disperazione, violenza, fame.

È giunto il momento per il capitalismo di abbandonare la dogmatica liberista e auto-riformarsi come spesso ha saputo fare nella Storia. Ma, per favore, stavolta prima che si debba passare per due guerre mondiali e una crisi economica che a suo tempo distrussero milioni di vite!

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