di Pasqualino Albi*

La sicurezza sul lavoro, nell’attuale emergenza, assume su di sé il peso importante della gestione degli snodi più delicati del rapporto di lavoro. C’è chi propone, nel tentativo di estremizzare il dibattito, una drammatica alternativa fra il rischio elevato di una diffusione del contagio del virus e la paralisi di ogni attività economica. Si tratta di un’alternativa più apparente che reale.

La sicurezza sul lavoro dell’emergenza infatti non ha certamente lo scopo di far soccombere la libertà d’impresa e, al tempo stesso, ha la straordinaria capacità di plasmare di nuovi contenuti il rapporto di lavoro. Valga il riferimento al lavoro agile che, da istituto finalizzato a realizzare la conciliazione vita-lavoro e l’efficienza dell’organizzazione del datore di lavoro, assume, nell’emergenza, anche la funzione di tutelare la salute dei lavoratori salvaguardando, almeno in parte, la continuità delle attività economiche.

Ovviamente non si devono sottovalutare i rischi che il lavoro agile possa prestarsi ad una utilizzazione opprimente, che annulla il profilo relazionale del rapporto di lavoro; ma proprio per questo occorre immettere nel ragionamento sul lavoro agile, anche guardando al futuro, il tema del benessere della persona, elemento centrale e decisivo anche per realizzare una efficiente gestione del rapporto di lavoro.

Questo avviene in un quadro nel quale la salute dei lavoratori viene vista, come non mai, in una dimensione collettiva che opera in stretto contatto con l’interesse generale di tutti i cittadini, oltre la veste di lavoratori, imprenditori, lavoratori autonomi.

Vi sono poi fattispecie e temi che, sul piano della prassi e della stessa riflessione teorica, pure si prestano ad essere letti nel quadro della tutela collettiva della salute: le ferie, l’orario di lavoro, il part time, le mansioni, la formazione, il potere di controllo del datore di lavoro.

A ben vedere il tratto innovativo di questa difficile fase è rappresentato dalla circostanza che la sicurezza sul lavoro costituisce uno dei fattori fondamentali per superare l’emergenza epidemiologica e, al tempo stesso, per dare un nuovo impulso alla tutela della persona nel rapporto di lavoro.

È chiaro l’impatto socio-economico dell’applicazione delle misure di prevenzione: la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro sono condizioni necessarie (ma non sufficienti) per garantire la salute collettiva. Il contesto nel quale ci troviamo ricorda quel legame fra salute e ambiente sul quale varrebbe la pena di cominciare a concentrarsi, abbandonando, anche qui, le false contrapposizioni fra lavoro e occupazione che hanno caratterizzato il recente passato (si veda ad esempio il caso Ilva).

Mai come in questo caso può dirsi che la salute è un fondamentale diritto dell’individuo ed un interesse della collettività: una sorta di drammatico inveramento dei due profili dell’art. 32 della Costituzione e la straordinaria emersione di una circolarità che porta la sicurezza sul lavoro ad essere un tassello della salute collettiva e quest’ultima ad essere la base necessaria della prima.

Nel quadro che va delineandosi emergono segnali di importante valorizzazione del ruolo del sindacato e dell’autonomia collettiva. In particolare il Protocollo condiviso tra Governo e parti sociali annuncia una nuova stagione concertativa che però sembra buttarsi alle spalle le vecchie impostazioni del passato e segnare una consapevolezza dei mutamenti profondi che stiamo attraversando, ponendo al centro della regolazione la persona che lavora, portatrice di differenze irriducibili e di una insopprimibile esigenza di eguaglianza.

C’è una rinnovata e virtuosa interazione fra pubblici poteri e parti sociali, che valorizza la salute come interesse della collettività, in un quadro nel quale il sindacato partecipa, con senso di responsabilità, a funzioni pubbliche. Siamo di fronte ad uno scenario inedito che, nella drammaticità del momento, ci costringe a mettere in discussione vecchie categorie di pensiero e in particolare l’idea, nemica della civiltà, che produttività e salute umana siano valori contrapposti e inconciliabili.

* Professore ordinario di Diritto del lavoro del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa e avvocato giuslavorista. Autore di oltre 150 pubblicazioni scientifiche in materia di diritto del lavoro. Responsabile scientifico del Corso di alta formazione in Diritto del lavoro della Scuola superiore e di perfezionamento Sant’Anna di Pisa, membro del Consiglio direttivo del Master in Gestione della crisi di impresa e del Collegio di Dottorato in Scienze giuridiche del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa.

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