“È un disastro, bisogna intervenire subito stanziando altri soldi: non puoi dire ai fragili “state a casa” se poi non li metti nelle condizioni di farlo”. La deputata di Italia viva Lisa Noja, affetta da amiotrofia spinale, da mesi si batte per la questione dei lavoratori affetti da patologie croniche gravi rimasti stritolati dalle curve dei contagi, perché le tutele annunciate sono saltate costringendoli a lavorare, correndo più rischi, o a stare a casa rischiando il posto di lavoro. In alternative a consumare ferie e permessi per evitare il cosiddetto “comporto” dei 180 giorni oltre i quali può scattare il licenziamento.
Lei ci sta lavorando ancora?
Sì perché è un disastro vero. Nella conversione del Dl Luglio avevo sollecitato i colleghi al Senato a presentare un emendamento che faceva due cose. La prima era fare in modo che tutte le persone che possono fare lavoro agile possano farlo davvero, e non questo in realtà non accade sempre. Perché serve impegno, creatività e investimento da parte delle aziende a trovare un’altra mansione. Lo scopo era circoscrivere la platea di quelli che davvero non hanno alcuna alternativa e dargli copertura piena, chiarendo che il tempo di assenza dal lavoro non si conta nel comporto di malattia. Dell’emendamento è passata una versione di maggioranza frutto di un duro lavoro di negazione che non ha risolto il problema.
Ma chi si è messo di mezzo?
Il Mef ha sempre detto che costava troppo estendere oltre una certa data il beneficio, cioè la possibilità di stare a casa a carico dell’Inps. Per la prima misura erano stati stanziati 350 milioni di euro. Ma un conto è quanto si stanzia e un altro quanto si spende. Quando abbiamo chiesto la proroga, dal Ministero hanno ragionato sempre sui soldi stanziati dando per scontato il raddoppio ma non lo è. Non è detto cioè che l’intera platea per cui erano state stanziate le risorse le abbiamo richieste. Potrei scoprire ad esempio che sono rimasti fondi da usare per una proroga delle tutele fino al 15 di ottobre, a esaurimento. Fondi utili a garantire il lavoro agile o l’opportunità di assenze per corsi di formazione sempre fatti in remoto.
L’operaio o la cassiera come possono lavorare da casa?
E’ questo il problema, c’è una platea vasta di lavoratori come il postino, l’operaio o il trasportista che non si possono fare da casa. Ma devi tutelargli per consentiglielo e non per 15 giorni ma molto di più. Visto che conviveremo a lungo con l’emergenza e col virus dovremo mettere in campo strumenti per assicurare che le aziende pratichino il lavoro agile ovunque sia possibile, e non se ne lavino le mani lasciando i dipendenti in aspettativa non retribuita o definitivamente a casa se hanno esaurito la malattia.
Ma è normale un Paese dove i malati che lavorano devono prendere ferie per non farsi licenziare?
L’emergenza insieme alla burocrazia di sempre ha creato delle situazioni mostruose. Penso proprio a quanti hanno consumato le ferie per non aumentare il comporto. Non so con che strumento porre la questione, ma bisogna intervenire assolutamente. Nel Ddl di Agosto avevamo previsto un emendamento che le rendesse riassorbibili, cioè che a fronte di idonee risorse per sostenere il periodo di assenza venissero restituite le ferie a chi le aveva prese in modo surrettizio solo per evitare il licenziamento. Non è semplice né immediato, è un meccanismo che va studiato e qui nulla è facile. La stessa Inps e il ministero del Lavoro dovrebbero suggerire soluzioni o quantomeno delle circolari che forniscano chiarimenti su questo ambito così sensibile. Io non smetterò di spendermi, questo è sicuro.
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