Mentre il commissario per l’emergenza Covid 19 Domenico Arcuri è costretto – come le autorità di altri 35 paesi membri e associati dell’Unione europea – a staccare assegni milionari per l’acquisto del farmaco Remdesivir al prezzo concordato dalla Commissione con l’azienda farmaceutica Gilead (2.070 euro per un trattamento la cui produzione costa pochi euro), molti Paesi si stanno muovendo per avere la possibilità di sospendere i diritti di proprietà intellettuale o depenalizzarne la violazione, in caso di bisogno, al fine di garantire farmaci e vaccini a tutti i cittadini durante la pandemia. India e Sudafrica hanno chiesto al Wto di sancire questa possibilità fino al raggiungimento dell’immunità di gregge a livello globale, mentre Germania, Olanda e Gran Bretagna hanno già approvato leggi che consentono di aggirare i brevetti in caso di necessità. Il ministero della Salute guidato da Roberto Speranza non ha risposto alla richiesta del fattoquotidiano.it che chiedeva se, con la seconda ondata in corso, possiamo attenderci dal governo una norma analoga.

All’Omc proposta una “moratoria” per i brevetti farmaceutici durante la pandemia – L’ultima proposta in ordine di tempo è quella presentata da India e Sudafrica al consiglio sulla proprietà intellettuale (Trips Council) dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) che si è tenuto il 15 e 16 ottobre. I due Paesi hanno chiesto che tutti gli Stati membri dell’Omc abbiano facoltà di non concedere o depositare brevetti e altre misure di proprietà intellettuale su farmaci, test diagnostici e vaccini utili per la risposta al Covid-19 per tutta la durata della pandemia, fino al raggiungimento dell’immunità di gregge a livello globale. “Questa iniziativa è simile alle posizioni assunte dai governi del Sud del mondo oltre 20 anni fa, che hanno determinato l’introduzione e l’utilizzo dei farmaci generici per l’Hiv/Aids a prezzi accessibili – dichiara Silvia Mancini, esperta di salute pubblica di Medici Senza Frontiere – se venisse accolta, potrebbe segnare una svolta importante nella risposta dei paesi alla pandemia di Covid 19”.

L’opposizione di paesi ricchi e della Commissione europea – Il Consiglio Trips ha ora 90 giorni di tempo di valutare questa proposta. Tuttavia, secondo Amnesty International l’iniziativa – sostenuta dall’Oms e da un gran numero di Paesi del Sud del mondo – “è stata un’opportunità mancata” perché “non c’è stato il supporto di molti paesi ricchi, tra cui quelli in cui hanno sede le aziende del farmaco”. “Funzionari che hanno assistito al Consiglio – che si tiene a porte chiuse – hanno riferito dell’opposizione della Dg Trade, ovvero della direzione commercio della Commissione europea che è quella che partecipa al consiglio Trips”, riferisce Nicoletta Dentico, direttrice del programma di salute globale di Society for International Development (Sid). Dentico è firmataria di una petizione che chiede ai ministri della Salute degli Stati membri dell’Unione europea e alla Commissione di rendere pubblici i contratti e gli studi per i potenziali vaccini e di escludere le clausole che prevedono che siano gli Stati a dare gli indennizzi per eventuali effetti avversi del vaccino per il Covid, una volta che questi siano messi in commercio. Una clausola che prevede questo indennizzo a carico degli Stati è contenuta ad esempio nell’accordo firmato dalla Commissione con Astra Zeneca per prenotare il vaccino sviluppato dall’università di Oxford.

Germania e Olanda pronte a sospendere brevetti mentre la Gran Bretagna “giustifica” la contraffazione – “Nella situazione attuale, a fronte di una sfida globale per combattere questa pandemia, si può ragionevolmente sostenere che l’interesse pubblico costituirebbe un motivo valido per fare ricorso alla licenza obbligatoria già contemplata dagli accordi Trips dell’Omc – spiega Mancini – Attraverso questo strumento, per limitare la capacità delle aziende farmaceutiche di addebitare prezzi eccessivi per i farmaci, i paesi possono concedere licenze obbligatorie che consentono ad altri di produrre o importare versioni generiche (equivalenti) del medicinale brevettato”. In sostanza, con il ricorso alle licenze obbligatorie, il governo (o una terza parte da esso autorizzata) può utilizzare legalmente la tecnologia brevettata anche senza l’assenso dell’azienda titolare del brevetto. Questo non può per i scopi commerciali, ma esclusivamente per la tutela della salute pubblica. A seguito dell’esplosione dell’emergenza Coronavirus, il parlamento del Cile ha adottato una risoluzione in cui si dichiara che l’epidemia globale giustifica l’uso di questo strumento, mentre Israele ha rilasciato licenze obbligatorie relative al Lopinavir/Ritonavir, un farmaco anti-Hiv e che inizialmente sembrava produrre benefici nella cura del Covid-19.

Ma si sono mossi anche governi europei, come la Germania che a marzo ha approvato una norma che permetterà al governo o ad autorità da esso delegate di ordinare licenze obbligatorie per sospendere – in condizioni di emergenza sanitaria e pagando una royalty – le norme brevettuali su farmaci e tecnologie utili a fronteggiare il virus. “Anche l’Olanda ha approvato una legge che sancisce inequivocabilmente il potere del Ministero della Salute di rilasciare licenze obbligatorie in caso di emergenze di salute pubblica”, afferma Mancini. “La Gran Bretagna ha previsto di giustificare la contraffazione di brevetti (inclusi quelli farmaceutici, pertanto), nel caso ci sia un’autorizzazione governativa a fronte dello stato di bisogno della Corona (cosiddetto “Crown use”), come potrebbe essere il bisogno, per la popolazione, di determinati medicinali.

La situazione in Italia – “Fino al 1979 brevettare i farmaci era proibito in Italia – spiega Carlo Sala, avvocato esperto in diritti di proprietà intellettuale – tanto che alcuni soggetti venivano a comprare da noi i farmaci e poi li rivendevano in altri paesi della Comunità europea”. Oggi l’articolo 70 del codice della proprietà industriale ammette la licenza obbligatoria solo per mancata attuazione del brevetto. Tuttavia, “la Costituzione nel suo articolo 41 subordina l’esercizio dell’attività economica alla finalità sociale, inoltre c’è l’articolo 32 che sancisce il diritto alla salute – afferma Sala – questo consente allo Stato di fare delle norme che comportino un’applicazione meno restrittiva per le licenze obbligatoria di quella che abbiamo”. “La situazione attuale, in termini di numeri di casi di pazienti Covid registrati, potrebbe giustificare un’azione di questo tipo. Non serve la modifica dell’articolo 70, basta un articolo in un decreto-legge, che è una norma prevista proprio per le ipotesi di urgenza”. Nessun commento dal ministero della Salute, contattato in merito dal fattoquotidiano.it

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