Finito il tempo delle trattative, è di nuovo scontro aperto tra il governo e Atlantia. Mercoledì l’esecutivo ha annunciato che se la holding non torna sui suoi passi si può arrivare alla revoca della concessione ad Aspi. “E’ l’esito più probabile“, hanno confermato giovedì pomeriggio il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, e la titolare delle Infrastrutture, Paola De Micheli. Risultato: il titolo è crollato in Borsa finendo sospeso dalle negoziazioni per eccesso di ribasso. Così in serata, a mercati chiusi, il gruppo ha presentato un nuovo esposto a Consob – l’ultimo risale allo scorso 14 luglio, subito prima dell’intesa poi non concretizzata – chiedendo “di valutare urgentemente i provvedimenti da adottare a seguito delle dichiarazioni rilasciate a mercati aperti” dai due ministri. Atlantia “ha doverosamente ritenuto di inviare l’esposto anche ai servizi competenti della Commissione Europea“.

Non basta: la holding ha anche risposto a muso duro, nella sua nota pubblica, alla lettera inviata mercoledì sera dal segretario generale della Presidenza del consiglio Roberto Chieppa e dai capi di gabinetto del Tesoro Luigi Carbone e del Ministero delle infrastrutture Alberto Stancanelli. La lettera, pubblicata dall’Ansa, sottolinea come “la nuova proposta che ci avete da ultimo comunicato, che modifica i termini dell’accordo transattivo e ipotizza un processo di cessione ‘dual track, appare completamente diversa dalle condizioni e dai termini indicati nella originaria proposta del 14 luglio scorso”, quando i Benetton avevano accettato di uscire dall’azionariato e si era concordato un rapido ingresso di Cdp.Atlantia in seguito ha invece proposto di vendere il suo 88% in Aspi sul mercato, al miglior offerente.

Ma ora nega che si tratti di un cambio di rotta sostanziale: “Non corrisponde al vero la reiterata affermazione che la società non avrebbe rispettato l’accordo del 14 luglio. L’impegno a dismettere Aspi risulta infatti espressamente confermato dal processo di scissione e quotazione, ovvero dalla vendita dell’88% dell’asset, deliberati dal Cda di Atlantia del 24 settembre e che saranno sottoposti all’assemblea dei soci già convocata per il prossimo 30 ottobre”. “Le continue ventilate minacce di revoca da parte del Governo sono peraltro in palese contraddizione non solo con le finalità della lettera del 14 luglio – che prevede la dismissione di ASPI in un processo trasparente a valori di mercato – ma sono suscettibili di per sé di alterare il valore di detta società nel momento in cui è stata posta sul mercato” e “risultano inoltre in aperto contrasto con la clausola contenuta nell’atto transattivo inviato formalmente ad ASPI lo scorso 23 settembre, dove il MIT dà atto che non sussistono le condizioni per formulare nei confronti del Concessionario contestazioni di inadempimento per fatti e/o atti, noti al Concedente, verificatisi sino alla data di sottoscrizione dell’atto stesso”. Va detto però che quell’atto transattivo era una proposta che sarebbe stata firmata solo in caso di conclusione dell’accordo in tutti i suoi aspetti.

Il dg Aiscat: “In tutto il mondo dove sono caduti i ponti nessuno ha incolpato gli azionisti” – Intanto nella partita entra nuovamente a gamba tesa la lobby delle concessionarie, Aiscat: il direttore generale, Massimo Schintu, afferma che “è già scandaloso il fatto stesso che si faccia una legge per consentire di levare la concessione in spregio di ogni norma di diritto e di legittimo affidamento. Ci sono atti che non possono andare bene in un paese civile”. E ancora: “In tutto il mondo dove sono caduti i ponti o accadute tragedie nessuno ha mai incolpato gli azionisti né distrutto o espropriati i gestori, perché non è possibile, i conti sono sotto gli occhi di tutti“. Anche se i conti mostrano che tra 2009 e 2018, mentre vedeva i ricavi salire da 2,9 a 3,6 miliardi, Aspi ha dimezzato i propri investimenti sulla rete, passati da 1,1 miliardi a poco più di 500 milioni. Nel frattempo anche le spese per la manutenzione e la sicurezza di strade, ponti e viadotti declinavano, seppure di poco: da 464 a 363 milioni. Ad aumentare – e di molto – in quel decennio sono stati invece i dividendi versati agli azionisti della società.

La lettera del governo – “Troviamo inaccettabile che muoviate al Governo la grave accusa di volere ‘impedire…di svolgere un trasparente processo competitivo di mercato’“, si legge nella missiva inviata dall’esecutivo ai vertici della holding e di Aspi. “Giova ricordare che il Governo si è dichiarato disponibile a valutare la vostra proposta del 14 luglio scorso – che peraltro faceva seguito a determinazioni da voi già formalizzate con lettere del 6 febbraio e del 5 marzo – con la quale avete previsto un piano di dismissione delle partecipazioni sociali detenute in Aspi“. E “il coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti, come si ricava dalla corrispondenza intercorsa, è stato ipotizzato sempre e comunque sulla base di criteri competitivi e di prassi correnti di mercato”. Inoltre, “il processo indicato rimane incerto nei tempi e nell’esito finale, con il risultato che appare assolutamente inidoneo a definire la vertenza”. Questo “stato di incertezza e le continue modifiche da voi richieste stanno producendo l’effetto di ritardare gli investimenti e i miglioramenti della rete infrastrutturale, che pure avevate a più riprese promesso e che rappresentano un’esigenza ineludibile nell’interesse degli utenti”.

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