Un progressivo peggioramento nel corso di 8 settimane e dieci regioni in cui sono aumentati i casi di coronavirus. Tutto questo a fronte di 2868 focolai attivi di cui 832 nuovi. Ma non solo: la percentuale di ricoverati in terapia intensiva, affetti da Covid 19, è aumentata dal 3 al 4 %. Il consueto monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di sanità – che arriva nel giorno in cui si registra il più alto numero di morti dalla fine del lockdown – però non registra solo dati preoccupanti per l’epidemia provocata da Sars Cov 2. Nel periodo 3 – 16 settembre 2020, l’Rt calcolato sui casi sintomatici è pari a 0,95, al di sotto di 1 nel suo valore medio per la seconda settimana consecutiva.

Peggioramento progressivo – Il peggioramento dell’epidemia si riflette in un maggiore carico sui servizi sanitari. Questo andamento, sebbene rifletta un trend comune a molti paesi europei (in Spagna, Francia e Gran Bretagna in particolare) in Italia è per ora più contenuto. Questo non deve portare a sottovalutare il rischio di una rapida ripresa epidemica dovuto ad un eccessivo rilassamento delle misure, con autorizzazione di eventi ed iniziative a rischio aggregazione in luoghi pubblici, e dei comportamenti individuali anche legati a momenti di aggregazione estemporanei. In questi giorni viene discussa la parziale riapertura degli stadi che non piace affatto agli scienziati del Cts.

Casi in aumento in 10 regioni – Dieci Regioni e provincie autonome hanno riportato un aumento nel numero di casi diagnosticati rispetto alla settimana precedente. L’aumento non può essere attribuito unicamente ad un aumento di casi importati (da stato estero e/o da altra Regione) o ad un aumento nella attività di screening. La maggior parte dei casi segnalati (84,2%) continua ad essere contratta sul territorio nazionale, con una lieve diminuzione dei casi importati da stato estero (8% dei nuovi casi diagnosticati questa settimana contro 10,8% la settimana precedente) e anche dei casi importati da altra Regione/PA (3,3% nella settimana corrente contro 5,5% la settimana precedente). Il 27,6% dei nuovi casi diagnosticati in tutto il Paese è stato identificato tramite attività di screening, mentre il 35,8% nell’ambito di attività di contact tracing. I rimanenti casi sono stati identificati in quanto sintomatici (31,4%) o non è riportata la ragione dell’accertamento diagnostico (5,2%).

L’indice Rt – L’indice Rt è sotto il valore 1, “bisogna tuttavia interpretare – spiega l’Iss – con cautela l’indice di trasmissione nazionale in questo particolare momento dell’epidemia. Infatti, Rt calcolato sui casi sintomatici, pur rimanendo l’indicatore più affidabile a livello regionale e confrontabile nel tempo per il monitoraggio della trasmissibilità, potrebbe sottostimare leggermente la reale trasmissione del virus a livello nazionale. Pertanto, l’Rt nazionale deve essere sempre interpretato tenendo anche in considerazione il dato di incidenza. Per quanto riguarda l’età, mentre nelle ultime tre settimane si era osservato un incremento della età mediana dei casi notificati, questa settimana l’età mediana è stabile a 41 anni. Dodici sono comunque le regioni con Rt sopra 1: Abruzzo 1.1, Basilicata 0.73, Calabria 1.13, Campania 1.1, Emilia-Romagna 0.78, F.V. Giulia 1.11, Lazio 0.85, Liguria 1.31, Lombardia 0.75, Marche 0.99, Molise 1.04, Prov. Aut. Bolzano 1.28, Piemonte 0.96, Prov.Aut. Trento 1.24, Puglia 1.06, Sardegna 0.77, Sicilia 1.2, Toscana 0.93, Umbria 1.06, Valle d’Aosta 0.59, Veneto 1.01.

I posti in terapia intensiva – A livello nazionale il tasso di occupazione dei posti letto in area medica è aumentato dal 4% al 5% mentre il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva dal 2% al 3%, con valori superiori al 10% in alcune Regioni/PA. Sebbene non siano ancora presenti segnali di sovraccarico dei servizi sanitari assistenziali, la tendenza osservata potrebbe riflettersi a breve tempo in un maggiore impegno. Si conferma, inoltre, l’importante e crescente impegno dei servizi territoriali (Dipartimenti di Prevenzione) per far sì che i focolai presenti siano prontamente identificati ed indagati.

I focolai – Nel report si legge anche che sono stati riportati complessivamente 2.868 focolai attivi di cui 832 nuovi, entrambi in aumento per la ottava settimana consecutiva (nella precedente settimana di monitoraggio erano stati segnalati 2397 focolai attivi di cui 698 nuovi). Sono stati riportati focolai nella quasi totalità delle province (102/107). Nonostante l’alto numero di focolai attivi, il 28,7% dei nuovi casi non è associato a catene di trasmissione note. La maggior parte dei focolai continua a verificarsi in ambito domiciliare/familiare (76,1% di tutti i focolai attivi), con un lieve aumento dei focolai associati ad attività ricreative (6,3%) e all’ambito lavorativo (5,6%)”. La definizione adottata di focolaio, si specifica nel report, prevede la individuazione di 2 o più casi positivi tra loro collegati.

L’impatto delle scuole – La riapertura delle scuole, che tante ansie ha generato, al momento non influisce su questi dati. “Non è possibile valutare, al momento, l’impatto che l’apertura delle scuole in Italia avrà sull’andamento dell’epidemia. Si ritiene che questo aspetto sarà valutabile a partire dalle prossime 2-3 settimane”. Quindi “la riapertura delle scuole rimane uno degli elementi da monitorare attentamente”. “Non è stata accertata, nella settimana in esame – aggiunge – una trasmissione del virus nell’ambito scolastico sebbene siano stati identificati numerosi casi sporadici in concomitanza con la riapertura delle scuole. L’elevata attenzione, a cui hanno contribuito le misure messe in campo (screening, rilevazione della temperatura giornaliera, procedure per la gestione di casi sospetti sintomatici in ambito scolastico) hanno contribuito alla rapida identificazione e diagnosi dei casi. Sono in corso numerose indagini epidemiologiche e sono state attivate procedure di quarantena laddove previsto”.

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