Le strade quiete, i lavoratori in smartworking. Nessuna orda di turisti e pendolari, la metropolitana semivuota, i negozi implorano clienti e i bar sperano di non dover chiudere. Ma senza le pause pranzo dei lavoratori della City sarà difficile andare avanti. Era il 23 marzo quando il premier Boris Johnson si rivolgeva ai suoi cittadini chiedendo di “stare a casa”, sconvolgendoli. Sei mesi dopo Londra non si è ancora ripresa dalle ferite e quello della città iperattiva resta un ricordo destinato a durare ancora a lungo, viste le nuove misure che da giovedì saranno introdotte su pub, lavoro da remoto e assembramenti. All’orizzonte, per la capitale come per l’Inghilterra, c’è la paura di un nuovo lockdown, mentre già 15 milioni di cittadini britannici devono convivere con nuove restrizioni a seguito di un preoccupante aumento dei contagi. Per chi è abituato a viverla, la Londra di oggi è ancora lontana, lontanissima, dal suo dinamismo. Di sabato pomeriggio, sulla metropolitana verso la centralissima Oxford Circus c’è ampio spazio e posti distanziati. Una solitudine inusuale se non un po’ inquietante. “Anche dopo l’apertura di scuole ed uffici il numero di passeggeri è rimasto al 30% del livello pre-Covid mentre sugli autobus siamo al 60%”, spiega Elena Magrini, ricercatrice del think tank Centre for Cities.

Le cose non vanno meglio a Trafalgar Square, meta di punta per turisti internazionali e visitatori britannici, dove oggi sotto lo sguardo dell’ammiraglio Nelson il passaggio di persone è ridotto. “Londra è diversa, i negozi sono chiusi e si sente l’impatto di Covid – dice un turista di Rimini – gli spazi sono vuoti e la città si può vedere. Ma ci mancano i musical e i teatri”. Anche in una delle più celebri strade dello shopping del mondo, Regent Street, le vetrine fanno a gara ad offrire sconti ai clienti ma i negozi restano semivuoti e l’atmosfera è desolante. Istantanee da una città sospesa e dove per il turismo il dramma è moltiplicato.

Londra non si è ripresa, non abbiamo turisti internazionali, né domestici. Niente gite della domenica e le istituzioni culturali sono chiuse. Nel centro di Londra il passaggio è ridotto al 20-30% dei livelli pre-Covid e nonostante un leggero incremento, a luglio il fatturato turistico è crollato del 70% rispetto al 2019″, spiega Sarah Nicholls, Ceo dell’organizzazione di categoria UKHospitality. Per lei oggi la City è una “zona fantasma”. Solo il 13% dei colletti bianchi è tornato in ufficio (e prende l’ascensore per salire sui grattacieli della finanza), il tasso più basso in Europa. E così in questa zona dove transita normalmente un milione di persone, a volatilizzarsi è stato l’indotto dei caffè da asporto, dei sandwich da mangiare al volo e delle pinte dopo il lavoro. Uno su cinque dei tradizionali pub, bar e ristoranti della City of London non è riuscito a riaprire, tra fatturati ridotti dell’80%. E mentre Magrini ci segnala che mezzo milione di londinesi adesso percepisce un sussidio di disoccupazione, Nicholls mette in guardia: un secondo lockdown segnerà la morte di un milione di posti di lavoro e del 20% delle strutture nel settore ospitalità londinese.

Lo scenario della movida – Il ritmo però non si è fermato nel vibrante quartiere di Soho, la Londra della movida, dove alla vigilia dell’ingresso della “Regola del 6” (massimo di persone con cui incontrarsi) centinaia di giovani e non affollano bar e locali notturni. Zero mascherine. In un bar storico della zona, un cameriere spiega che “gli affari vanno bene ora che il governo ha autorizzato le aree pedonali e i tavolini all’aperto, ma le mascherine non le mettono neanche i camerieri, perché è difficile servire così tante persone di sabato sera senza poter respirare bene”.

All’interno del locale, Antonio, italo-inglese, dice che Soho simboleggia la Londra che sposa il motto ‘keep Calm and Carry On’. Tanto, visti i numeri, nella capitale è più probabile morire accoltellati che di Covid. E allora che “Keep calm and drink espresso” sia, ma non dovrebbe esserlo senza mascherina perché i contagi raddoppiano ogni 7 giorni. Forse non è tutta colpa dei britannici, però. In fondo sono stati storditi dagli slogan contraddittori di Boris Johnson e le mascherine sono diventate obbligatorie nei negozi solo il 24 luglio al grido di “Hands-Face-Space-Get a test”.

Scuole senza distanziamento e tamponi a centinaia di chilometri – Il caos riguarda anche le scuole, dove il distanziamento sociale non si impara – e non si pratica. E così, dopo solo due settimane dall’inizio delle lezioni, l’82% delle classi ha studenti in quarantena. In una scuola materna una mail della preside annuncia che un alunno è risultato positivo nella stessa sezione di una bimba a cui, nel frattempo, è venuta la febbre alta. La scuola dice di isolare lei e la famiglia per dieci giorni, a meno che un tampone negativo non liberi tutti, mentre i suoi compagni continuano regolarmente ad andare in classe.

Ma sottoporsi a un tampone in Inghilterra è tutt’altro che semplice. La sanità britannica non riesce a fare fronte a tutte le richieste ed è costretta ad ammettere di non riuscire in questa fase a smaltire le code di chi si prenota. C’è chi, da Londra, si collega al sito del Ministero della Salute per prenotare il tampone: ci sono 18 posti disponibili, ma a Leicester, che è a 145 chilometri da Londra. Quando? Tra un mese e dieci giorni. A fronte della lunga attesa che lo aspetta, c’è anche chi decide di presentarsi senza prenotazione nei parcheggi abilitati per i test. Ma senza appuntamento il personale medico non può tamponare nessuno. La situazione, oggi, è critica: le richieste superano di 4 volte la capacità dei laboratori di analizzare i campioni, alcuni dei quali – ha scritto il Guardian – vengono già spediti in Italia e Germania. Il servizio di tracciamento che Johnson ha presentato come “avanguardia mondiale”, si è inceppato, con migliaia di test non validi a causa di danni causati dal trasporto o perché richiesti da persone asintomatiche. Presi dall’esasperazione alcuni sintomatici pensano di tornare lo stesso in ufficio o a scuola. Contro coloro che bucano la quarantena il ministro della Salute Matt Hancock minaccia l’intervento della polizia, e violare l’isolamento diventerà reato dal 28 settembre. Ma non saranno i poliziotti ad arrestare il coronavirus.

(foto di Giorgia Scaturro)

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