Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, lo ripete da settimane in ogni intervista con mezzi di informazione italiani: guai ad utilizzare i soldi del Recovery fund per tagliare le tasse. “Sarebbe un segnale negativo”, ha ribadito giovedì. Quel punto fermo rimane. Ma nelle stesse ore Bruxelles ha chiarito che sono invece “chiaramente eligibili” provvedimenti che mirino a ridurre “il carico fiscale sul lavoro” spostandolo su altre componenti – quindi senza effetti sulle entrate totali – o a “semplificare” il sistema fiscale, se consigliato dalle raccomandazioni specifiche per Paese. E quelle dell’Italia – a cui secondo un ricalcolo presentato giovedì spetteranno a valere sulla Recovery and resilience facility non 64 ma 65,4 miliardi di sussidi – comprendono entrambe le voci.

Lo ha ricordato anche il premier Giuseppe Conte nelle linee guida inviate al Parlamento, in cui si legge: “Le Raccomandazioni della Commissione Europea richiamano l’Italia ad una revisione della tassazione al fine di trasferire l’onere fiscale dal lavoro ad altre voci e in generale “dalle persone alle cose”“. Le Raccomandazioni 2019 chiedevano in particolare di “spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati“, quindi agendo sulle tasse immobiliari. A saldo zero, insomma. Del resto il ministro Roberto Gualtieri, che continua a lavorare alla riforma del fisco, due giorni ha garantito che il Recovery plan italiano non si tradurrà “in un’ondata di spesa corrente o di tagli di imposta”. E anche il ministro delle Politiche Ue, Enzo Amendola, ha escluso che le risorse europee potessero andare al taglio delle tasse.

La vice ministra dell’Economia, Laura Castelli (M5s), comunque, esulta: “Decontribuzione e taglio del cuneo fiscale servono per aumentare la produttività e la competitività delle aziende. Sono misure che abbiamo avviato ma che devono, all’interno di un quadro organico, diventare pluriennali per attrarre gli investimenti in Italia e consentire al mondo dell’impresa di programmare, con regole certe, la propria attività. Poter utilizzare il Recovery Plan, anche per questo, è un’ottima notizia. E l’apertura della Commissione è inequivocabile”.

La Commissione intanto ha ufficializzato i sette campi prioritari su cui dovranno concentrarsi i Recovery plan nazionali. Si tratta di voci che coprono aree di comune interesse degli Stati membri: tecnologie pulite e rinnovabili; miglioramento dell’efficienza energetica di edifici pubblici e privati; trasporti green; banda larga, fibra e 5G; digitalizzazione della pa, della giustizia e della sanità; potenziamento del data cloud industriale europeo e sviluppo di processori più potenti; adattamento dei sistemi educativi per supportare le competenze digitali.

I piani nazionali dovranno seguire queste direttrici e principali e verranno valutati in base a tre criteri princiapli. Primo, “in quale misura le riforme e gli investimenti previsti nei piani contribuiscono a rispettare le raccomandazioni specifiche per Paese” del 2019 e del 2020. Secondo, in quale misura il piano “contribuisce agli obiettivi della transizione verde e di quella digitale“, a cui dovranno essere dedicati rispettivamente il 37% e il 20% delle spese. Terzo, “in quale misura i piani contribuiscono alla creazione di posti di lavoro sostenibili“.

Le linee guida provvisorie pubblicate giovedì comprendono anche un dettagliato ‘template‘ per stendere i piani nazionali, per aiutare gli Stati membri nella stesura. Le bozze dei piani potranno essere presentate già dal 15 ottobre e “crediamo che diversi Stati membri” approfitteranno dell’opportunità, cosa che velocizzerà i tempi, ha detto un’altra funzionaria. Le versioni definitive potranno comunque essere depositate solo da gennaio

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