Crampi e paura di vincere. Entusiasmo e disagio. Break e controbreak. Il tutto condensato in quattro ore che non potevano che concludersi con un errore forzato. In mezzo al silenzio assordante dell’Arthur Ashe Dominic Thiem vince il suo primo titolo Slam, rimontando il tedesco Alexander Zverev: 2-6 4-6 6-4 6-3 7-6. Thiem diventa il primo giocatore austriaco a trionfare a Flushing Meadows. Il secondo nella storia degli Slam dopo il successo di Thomas Muster al Roland Garros del 1995. Senza esserne consapevole, il numero tre del mondo entra negli annali del torneo newyorkese anche per un altro motivo. L’ultimo ad aver vinto il torneo rimontando uno svantaggio di due set in finale è stato Pancho Gonzales. Era il 1949 e lo statunitense fu capace di battere il connazionale Ted Schroeder 16-18 2-6 6-1 6-2 6-4. Allargando il cerchio a tutti gli altri Major, un evento del genere non accadeva dalla finale del Roland Garros 2004 tra Coria e Gaudio.

Dopo tre tentativi mancati Thiem coglie un successo meritato. Bloccato da un ruolo da favorito che non gli era mai stato concesso nelle precedenti finali (due al Roland Garros contro Nadal e una agli Australian Open contro Djokovic), l’austriaco è riuscito a superare le proprie paure e i crampi che lo hanno condizionato nella parte finale del quinto set. Una partita non bella ma, a modo suo, affascinante perché imprevedibile. Dove tutto è accaduto e niente è stato scontato. In pochi, infatti, si sarebbero attesi il crollo nervoso di Zverev quasi sulla linea del traguardo. Vittima del classico “braccino” del tennista. Sciolto nei colpi, in controllo del match e concentrato, il tedesco ha dominato per due set. Era avanti di un break anche nel terzo. Ha avuto perfino la possibilità di servire per il titolo sul 5-3 del quinto. Eppure alla fine è riuscito a perdere. Preda di quelle emozioni che lo hanno costretto a servire una seconda palla a 110 km/h. Un’anomalia per uno alto quasi due metri e che, in media, serve sui 200 km/h. Alla fine i maggiori rimpianti sono i suoi. I due titoli Masters 1000 e l’affermazione alle Atp Finals non sono stati d’aiuto. Gli Slam sono un’altra cosa.

La squalifica di Djokovic nel match di ottavi di finale contro Carreno Busta – nonché le assenze di Nadal e Federer – ha aperto la strada alla prima vittoria di un giocatore nato negli anni ’90. Una vittoria attesa e tante volte rimandata, che riporta sull’albo d’oro degli Slam un nome diverso da quello di Federer, Nadal, Djokovic e Murray dopo sei anni. Era il 2014, Marin Cilic campione proprio a New York. Quel successo non ebbe nessun effetto però sul dominio del tennis.

Adesso invece? Il primo Slam della carriera potrebbe aver un impatto trascinante per Thiem. Non solo per l’austriaco ma anche per un’intera generazione che sta spingendo insistentemente per soverchiare gerarchie consolidate da un quindicennio. Il serbo è ancora il più forte. Lo dicono i numeri e lo dice il ranking, ma in uno sport che vive di psicologia come il tennis la domanda è d’obbligo. Alla fine, Djokovic e Thiem sono separati in classifica da “appena” 1700 punti. La consapevolezza di essere entrato in questo club esclusivo potrebbe infatti permettere a Thiem di fare quell’ultimo scatto in avanti. Necessario per vincere in una finale Major anche contro uno tra Federer, Nadal e Djokovic. Altro dettaglio non trascurabile è quello dell’età dei tre dominatori del circuito. Nel 2021 lo svizzero compirà 40 anni. Lo spagnolo e il serbo rispettivamente 35 e 34. Per una questione anche puramente anagrafica, il cambio al vertice appare sempre più vicino.

Basterà poco per capire se qualcosa è davvero cambiato. Tra due settimane il Roland Garros ci darà le prime risposte. Ci sarà anche Nadal e Djokovic potrebbe essere più tranquillo. A Parigi Thiem arriva in finale da due anni e ha già battuto il serbo in due occasioni (quarti 2017 e semifinale 2019). È pronto per un altro trionfo?

Twitter: @giacomocorsetti

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