La divisione tra Matteo Salvini e Luca Zaia a questo punto diventa evidente, anche se sembra covare sotto la superficie della macchina elettorale leghista lanciata in Veneto verso la vittoria. I diktat di Salvini cominciano a far emergere qualche crepa nella base leghista, soprattutto tra i fedelissimi del presidente uscente. Una decina di giorni fa il commissario veneto Lorenzo Fontana aveva scritto ai segretari delle oltre 400 sezioni del Carroccio invitandoli a far votare la lista Salvini-Lega Veneta e non quella Zaia Presidente che il governatore ha costruito su immagine di se stesso, per attrarre consensi anche da elettori non leghisti. La galassia del Carroccio è completata da una terza lista autonomista che ospita soprattutto amministratori locali. L’invito a snobbare Zaia, privilegiando la lista che porta il nome del segretario, è stato lo strappo più importante di un confronto a distanza tra il potentissimo presidente della giunta regionale e il l’ex ministro dell’Interno, che comincia a vedere come fumo negli occhi il successo personale di Zaia.

In precedenza – come raccontato da Ilfattoquotidiano.it – c’era stata un’altra prova di forza, quando Salvini aveva imposto che gli assessori regionali uscenti si candidassero nella lista della Lega e non in quella di Zaia. Un modo per dare più peso alla sigla che cinque anni fa raccolse solo il 17,82 per cento dei voti, a fronte del 23,08 della lista personale del presidente. Salvini non vorrebbe che si ripetesse una situazione del genere. Anzi, alcuni sondaggi pubblicati nelle scorse settimane darebbero addirittura Zaia da solo al 44 per cento, Salvini fermo al 14. Quasi tre volte tanto. Per questo il segretario ha fatto inserire nella lista di partito gli uscenti di peso come gli assessori Roberto Marcato, Giuseppe Pan, Federico Caner, Elisa De Berti, Manuela Lanzarin, Cristiano Corazzari e il capogruppo regionale Nicola Ignazio Finco. Per evitare ingorghi nelle province, solo l’ex assessore Gianpaolo Bottacin e il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti sono stati candidati nella lista Zaia.

Ma adesso il diktat di Salvini evidenzia le prime crepe nel quadro perfetto di Zaia vincente e di una Lega senza polemiche. L’ex presidente del consiglio provinciale di Treviso (ha rivestito la carica per 16 anni), Fulvio Pettenà, è trevigiano come Zaia, ma soprattutto è indicato tra gli Zaia Boys, ovvero quegli esponenti della Lega nella Marca che si affacciarono assieme alla politica. Quello che ha fatto più carriera è stato Zaia, ma anche gli altri hanno ricoperto cariche importanti. Dopo la lettera di Fontana, Pettenà ha dichiarato che Zaia e la Lega sono la stessa cosa, che non si può invitare a votare solo la lista di partito e non quella del governatore uscente. Una presa di posizione che non è piaciuta in via Bellerio a Milano. Pettenà, d’altra parte, incespicò in una intervista anche nel 2014 quando venne sospeso per sei mesi (ma allora il segretario veneto era Flavio Tosi, poi fatto fuori da Salvini) per aver dichiarato che Tosi non aveva messo in luce – come meritava – l’onestà di Zaia e l’estraneità della Lega dallo scandalo Mose, che aveva portato alla richiesta di arresto per Giancarlo Galan, con cui Zaia, da vicepresidente, aveva condiviso per alcuni anni il governo del Veneto.

L’uscita di Pettenà ha indotto il commissario trevigiano Gianangelo Bof a diffondere un comunicato eloquente. “A Pettenà dico di concentrarsi sulle elezioni, abbiamo già l’opposizione che ci critica. Non abbiamo bisogno dell’opposizione interna”. Inoltre: “Apprendo le considerazioni legate alle disposizioni della Lega da parte del militante Fulvio Pettenà. Non ha alcun ruolo all’interno della struttura della Lega che gli consenta di esprimere indirizzi politici, quindi lo invito a parlare esclusivamente a titolo personale e non a nome e per conto della Lega”. Ancora: “Chiarisco al militante Fulvio Pettenà che un segretario di partito regionale, l’onorevole Lorenzo Fontana, o il segretario Nazionale onorevole Matteo Salvini, da segretari, invitino i militanti del movimento a sostenere e votare per la Lega, è cosa ritenuta assolutamente normale anche dal governatore Luca Zaia. Forse mi scandalizzerei se non fosse così”.

Secondo Bof, le parole di Pettenà sono “divisive”. Per questo sul suo capo potrebbe addensarsi qualche nuvola: “Pettenà è un militante storico, sta nella Lega da prima di me. Sa quindi quali sono le regole. L’ho già richiamato una volta, in privata sede. I provvedimenti disciplinari sono previsti per lui, come per me e per tutti quelli che hanno certi comportamenti”. Un avvertimento a tutta la base del partito in Veneto. Troppo entusiasmo per Zaia può risultare ostile al segretario, anche se i due, nelle rare occasioni in cui sono assieme, ostentano di andare assolutamente d’accordo.

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