Partecipazione non omogenea del personale, ma difficoltà comuni da regione a regione dei medici di famiglia nel somministrare i test sierologici. C’è chi ha avuto i test in ritardo rispetto all’avvio della campagna; chi ne ha ottenuti meno rispetto alle necessità; chi se li è dovuti andare a prendere autonomamente; chi li ha avuti ma senza il pungi-dito. Ad eccezione della Lombardia dove sembra essere andato tutto per il verso giusto, i dottori di Sicilia, Campania, Abruzzo, Emilia Romagna e Veneto hanno riscontrato difficoltà. Questo emerge dalle verifiche de Ilfattoquotidiano.it in sei regioni a una settimana dall’inizio della campagna di test sierologici in vista dell’inizio dell’anno scolastico. Uniformi anche i risultati dei test che si attestano tra l’1% e il 2% di positivi in ogni Regione presa in considerazione.

A macchia di leopardo, invece, l’adesione dei docenti alla campagna: se in Sicilia circa il 50% non ha eseguito il test, in Veneto sono circa il 30% ad essersi rifiutati di farlo e in Emilia Romagna l’adesione non è stata di massa. Al contrario in Campania più della metà dei maestri, professori e bidelli hanno deciso di sottoporsi all’esame così come in Abruzzo la quasi totalità, allo stesso modo della Lombardia. A tre giorni dalla chiusura della campagna vediamo come sta andando, interpellando i segretari regionali della Federazione medici di famiglia di Sicilia, Campania, Lazio, Abruzzo, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto.

VENETO
Il 30% dei docenti ha rifiutato di fare il test”. A dirlo con un tono di preoccupazione è il vicesegretario dell’associazione medici di base Domenico Crisarà che ha seguito passo dopo passo l’iniziativa del ministero della Salute. “Il dato dell’adesione degli insegnanti segue di pari passo quello della disponibilità dei medici. A Treviso e Vicenza dove l’adesione dei miei colleghi è stata minore ci sono stati meno maestri e professori che si sono sottoposti all’esame. A Padova (80% di adesioni) e Verona le cose sono andate meglio”. Non sono comunque mancati i problemi organizzativi: negli ambulatori sono arrivati kit senza le pipette o senza il pungi – dito. Altro problema: la burocrazia. “C’è stata – racconta Crisarà – una doppia registrazione: sul sistema nazionale abbiamo annotato chi è venuto senza precisare il risultato del test. Sui sistemi regionali dovevano registrare la persona con specificato il risultato del test”.

LOMBARDIA
Tutto ok nella Regione più critica d’Italia. A dare un quadro positivo è Paola Pedrini: “Da noi la partita dei test sierologici è stata gestita in gran parte dalle Asl. Non c’è stato alcun problema sia nella distribuzione dei kit ai medici che hanno aderito sia per quanto riguarda i dispositivi di protezione”. Nel pomeriggio di venerdì sono stati resi noti i primi dati: sono 56.953 gli insegnanti e operatori scolastici non docenti che si sono sottoposti al test sierologico. Di questi, 2.723 sono risultati positivi e si sono sottoposti al tampone. Lo rende noto Regione Lombardia spiegando che dei 206.687 docenti e non si sono registrati in 98.470 per il test.

SICILIA
“Siamo partiti tardi. C’è stata un’organizzazione mal gestita da parte del ministero della Salute e della Regione. Basti pensare che i sieri ci sono stati consegnati qualche giorno dopo l’avvio della campagna che è iniziata il 24 agosto”. A parlare è Luigi Galvano. In Sicilia molti insegnanti si sono dovuti rivolgere all’Asp perché i medici di famiglia non hanno dato la disponibilità a fare i test. Altri ancora hanno suggerito ai pazienti di farlo a pagamento: “Se qualcuno della nostra categoria – spiega Galvano – ha dato questa indicazione, va denunciato. Si tratta di un reato penale”. In ogni caso secondo il segretario regionale i problemi sono stati numerosi: “La campagna pubblicitaria istituzionale è partita quando eravamo in fase già avanzata. Ma non solo. Le confezioni dei kit che ci sono state consegnate erano in flaconi da 25 dosi. Se non avevi 25 pazienti in lista non ti davano il materiale. Molti medici si sono dovuti consorziare per avere i kit”. Purtroppo anche l’adesione da parte dei docenti è stata bassa: circa il 50%. “Grazie ad alcuni di noi – precisa Galvano – che li hanno sollecitati a fare il test in alcune zone si è arrivati anche all’80%”. Risultato? Un positivo ogni trecento insegnanti. C’è poi l’iniziativa dell’ordine dei medici di Palermo ha avviato una proposta di scambio generazionale: i dottori più giovani hanno aiutato i più anziani a inserire i dati nelle piattaforme informatiche.

CAMPANIA
Partenza in salita ma arrivo in discesa. La campagna nella regione del presidente Vincenzo De Luca, ha avuto qualche problema solo all’inizio. “In una prima fase – spiega Federico Iannicelli – ci hanno consegnato meno kit di quanti ne avevamo bisogno ma non c’è stata alcuna difficoltà ad avere un secondo approvvigionamento. Così come abbiamo avuto qualche problema ad avere i dispositivi di protezione individuale ma una volta segnalato il caso è stato tutto risolto”. In Campania i medici di famiglia che hanno dato la disponibilità a fare i test sono oltre il 70%. E per chi non ha avuto la possibilità di andare dal proprio dottore c’era l’Asl a disposizione. Non solo. Domenica prossima all’esterno dello stadio di Napoli ci sarà un camper che effettuerà i test sierologici agli insegnanti che non l’hanno ancora eseguito. Ianniccelli non ha i numeri precisi delle adesioni da parte dei docenti ma sa che sono state tante. Pochi, invece, i positivi. In provincia di Caserta, ad esempio, solo due sono risultati positivi.

LAZIO
Nella regione Lazio i medici di famiglia non sono entrati nella partita della gestione dei test. La Regione ha scelto di sottoporre nelle Asl tutto il personale scolastico a test sierologici su base volontaria prima dell’inizio del nuovo anno. La platea è di circa 120 mila operatori del settore scolastico. L’obiettivo è raggiungere l’80% di adesione. “Mi risulta – spiega Giovanni Cirilli – che tutto stia procedendo in maniera corretta”.

ABRUZZO
Positivo il bilancio del segretario regionale Franco Pagano: “Molti medici hanno aderito anche se non possiamo parlare della totalità. Abbiamo avuto qualche problema di comunicazione e ci siamo scontrati con la burocrazia ma se vogliamo che la scuola riapra serve superare queste difficoltà”. In Abruzzo la criticità ha riguardato soprattutto la disponibilità dei dispositivi di protezione individuale. Per quanto riguarda gli insegnanti non ci sono state grandi defezioni anzi “hanno chiamato i medici prima che iniziasse la campagna”, precisa Pagano. E per quanto riguarda i positivi secondo i dati in possesso del segretario dei medici di famiglia ci sarebbe un solo caso.

EMILIA ROMAGNA
Nella regione dove tutto sembra funzionare alla perfezione stavolta qualcosa è andato storto. A fare la fotografia della situazione è Fabio Maria Vespa: “L’adesione da parte dei medici è stata a macchia di leopardo. Abbiamo avuto numeri alti a Bologna e molto bassi a Ferrara. Purtroppo in alcune zone, soprattutto sugli Appennini, non è stato facile recuperare i kit: i medici se li son dovuti andare a prendere da soli”. Altra grana la burocrazia: “Abbiamo dovuto fare – specifica Vespa – una doppia rendicontazione”. Secondo il segretario dell’Emilia è stato fatto tutto in tempi troppo rapidi e in un momento di ferie. Dati negativi anche per quanto riguarda l’adesione dei docenti: “Non è stata massiccia, molti insegnanti hanno preferito non farlo. Inoltre non si è capito se gli educatori della scuola potevano effettuarlo o meno. In ogni caso la percentuale dei positivi si aggira attorno all’1,6% circa”.

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