Per il momento è un sospetto, una paura che alimenta tensioni e apre nuovi fronti. I parlamentari M5s temono che gli Stati generali, la tanto annunciata assemblea sull’organizzazione del Movimento e la scelta del nuovo capo politico, non vengano organizzati in presenza neanche questo autunno. E anzi siano sostituiti da una discussione online e da un voto sulla piattaforma Rousseau. “Inutile dire che non accetteremo mai una situazione del genere”, commentano fonti interne del M5s a ilfattoquotidiano.it. Di certo sul tavolo non c’è niente, solo una ipotesi che circola nei corridoi e che sta provocando subbugli. L’idea è che siano gli utenti a scegliere tra leadership collegiale e capo politico unico, ma senza passare da un confronto assembleare come invece speravano in tanti. Una strada che, ha anticipato l’Ansa, porterebbe all’uscita di “almeno 30 parlamentari”. “E’ presto fare una stima ora”, spiegano a ilfattoquotidiano.it. “Ma così ci sentiamo presi in giro. Ormai il ruolo dei parlamentari è azzerato, siamo solo chiamati a votare la fiducia”. “E’ chiaro che manca una leadership”, aggiunge un’altra fonte. “Così non si può andare avanti”.

Ma se parlare di fratture è ancora prematuro, il clima che si respira tra i parlamentari M5s è di forte preoccupazione e incertezza. Il Movimento infatti da gennaio scorso, dopo le dimissioni di Luigi Di Maio come capo politico, è guidato dal membro più anziano del comitato di garanzia ovvero Vito Crimi. Una carica che avrebbe dovuto ricoprire, da regolamento, solo per 30 giorni, ma che è stata posticipata più volte a causa (principalmente, ma non solo) della pandemia di coronavirus. E proprio in autunno avrebbero dovuto esserci gli Stati generali. L’appuntamento se ci sarà, sarà sicuramente dopo l’election day: fin dall’inizio nel Movimento si è concordato sul fatto che prima di parlare di questioni interne, si dovesse affrontare compatti la battaglia M5s per il taglio dei parlamentari. Ma il fatto che ancora non siano state diffuse indicazioni su come si svolgerà il congresso non fa che aumentare i malumori. A fine agosto era circolata l’ipotesi che fosse nominata una squadra ad hoc per traghettare il Movimento verso gli Stati generali, strutturati su più tappe sui territori e non più un solo incontro. Ma oltre questo nessuno è andato.

Anche per questo, l’idea di spostare la discussione esclusivamente online si inserisce nel difficile confronto sulla questione Casaleggio. Per la prima volta infatti quest’estate, sono emerse numerose spinte per chiedere che la piattaforma Rousseau passi nelle mani del Movimento e non sia più gestita dall’associazione Rousseau (e quindi da Davide Casaleggio). Un tema che è stato sempre rinviato proprio all’assemblea degli Stati generali e che, se trasferita online sulla stessa piattaforma Rousseau, dicono, “potrebbe perdere di efficacia”. Le accuse tra i parlamentari sono molto nette: “I vertici M5s sanno”, continuano alcuni esponenti, “che se organizzano un confronto pubblico poi chiediamo conto di tutte le loro responsabilità e di quanto hanno fatto finora. E faranno di tutto per evitarlo”. In realtà una data di incontro è stata fissata, proprio da Davide Casaleggio, per il 4 ottobre prossimo (giorno di San Francesco, “il ribelle che ispira il Movimento”): una convention nata per dare seguito al villaggio Rousseau di fine luglio, ma che, è il ragionamento di molti, potrebbe essere l’appuntamento in cui Casaleggio lancerà “la sua proposta di rifondazione del Movimento”.

Il problema è che quella che sembra una dinamica tutta interna al Movimento, ha naturalmente effetti sull’attività parlamentare. L’ultimo caso in ordine di tempo è quello della fronda alla Camera sul dl Covid: un gruppo di deputati M5s ha presentato un emendamento che chiedeva lo stop alla proroga dei vertici dei servizi e il governo è stato costretto a mettere la fiducia. Fiducia, durante la quale in 28 5 stelle non erano presenti (“Solo 7 assenti ingiustificati”, hanno chiarito dallo staff): di fatto solo un segnale, ma preoccupante se trasferito su altri fronti. Non da ultimo quello del Senato, dove il clima non è più sereno e le discussioni hanno riguardato il decreto Semplificazioni e alcune modifiche del governo che il gruppo non ha condiviso (protestando con il ministro D’Incà). Ma un caso potrebbe scoppiare la prossima settimana su uno dei provvedimenti cruciali: il ddl sull’elettorato attivo e passivo da equiparare a quello della Camera, come previsto dall’accordo di governo per dare il via libera al taglio dei parlamentari. Proprio nella serata del 3 settembre, il gruppo parlamentare M5s del Senato si è spaccato, raccontano sempre fonti interne, e “un nutrito gruppo ha annunciato che voterà contro“. “Sono arrabbiati e determinati”. Se alla Camera le diserzioni non preoccupano, al Senato possono fare la differenza e mandare in crisi tutto il governo in uno dei momenti più delicati. “Il fatto è che il Movimento non è un partito qualsiasi, ma il principale azionista di governo e una gestione così caotica è da irresponsabili”, chiude un altro parlamentare M5s.

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