A cinque anni dalla morte di Mauro Guerra, il 32enne morto a Carmignano Sant’Urbano, in provincia di Padova, il 29 luglio 2015 per un colpo di arma da fuoco sparato da un carabiniere, un documentario ripercorre l’ultimo giorno di vita del giovane. Un lavoro che cerca di restituire spazio, contorni e dignità alla biografia di “un uomo determinato e fragile, ambizioso e sensibile che amava Walt Disney, Roberto Baggio e Arnold Schwarzenegger”. Con una domanda costante sullo sfondo: cos’è successo davvero in quel campo? Si chiama “Le regole di Arnold per il successo“, è prodotto dalla bolognese Dadalab e diretto da Dario Tepedino con il patrocinio di Amnesty International. Nei giorni scorsi, la famiglia del 32enne ha presentato un nuovo esposto alla procura di Rovigo, denunciando gli otto carabinieri presenti quel giorno. Nel 2018 il militare che ha sparato, il maresciallo Marco Pegoraro, unico imputato, è stato assolto in primo grado. Secondo il giudice ha agito in difesa del suo collega.

“A cinque anni dall’accaduto – spiega il regista Dario Tepedino – abbiamo provato a raccontare un fatto dai contorni molto ambigui. La morte di Mauro Guerra rientra nelle cosiddette morti di Stato, un tema a me molto caro che ho già seguito in passato con il documentario Mi chiamo Massimo e chiedo giustizia e successivamente con le associazioni Acad, Associazione Stefano Cucchi e Sulla mia pelle raccontando il dramma che vivono le famiglie vittime di abusi da parte delle forze dell’ordine”. Le regole di Arnold per il successo “racconta di un giovane di 32 anni laureato in economia e commercio, appassionato di body building e pittura che nel torrido pomeriggio del 29 luglio 2015 è stato messo sotto assedio in casa propria per diverse ore dai carabinieri del suo paese, e dopo aver rifiutato di sottoporsi a un Tso illegittimo è scappato scalzo e in mutande per le strade di Carmignano Sant’Urbano per poi essere raggiunto e ucciso da un colpo di pistola, il prezzo che ha pagato per difendere la sua libertà”.

“Si resta increduli e sgomenti – scrive Amnesty International – di fronte ai dettagli di una vicenda che ha trascinato un’altra famiglia italiana in tribunale, a combattere la propria silenziosa ma caparbia battaglia per avere la verità e la giustizia che merita e che ancora non ha avuto. Qual era l’origine di quel Tso senza neanche la firma di un medico? Perché era così necessario inseguire e arrestare Mauro Guerra, peraltro senza un mandato? Non c’erano alternative che colpirlo a morte da distanza ravvicinata?”

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