C’era la “piramide” dello spaccio, c’erano i pestaggi, gli arresti illegali e le estorsioni a suon di botte. “Uno l’ho fracassato, si è proprio pisciato addosso”, raccontava al telefono uno dei carabinieri arrestati a Piacenza. Per dirla con le parole della procuratrice Grazia Pradella, nella caserma di via Caccialupo “non c’era nulla di lecito” e uno dei militari finiti in carcere aveva “un atteggiamento in stile Gomorra”. Le intercettazioni captate dagli investigatori della Guardia di Finanza raccontano uno spaccato di criminalità che girava attorno al gruppo di dieci carabinieri – cinque dei quali finiti in cella, uno ai domiciliari, 3 con obbligo di presentazione polizia giudiziaria e uno per il quale è disposto l’obbligo dimora – che erano certi di essere “irraggiungibili”, contando sul fatto che la divisa e il sistema ideato li avrebbero schermati da indagini e problemi.

“A noi non arriveranno mai” – “Ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi! (…) In poche parole abbiamo fatto una piramide: sopra ci stiamo io, tu e lui… ok? Siamo irraggiungibili, ok? A noi non ci deve cagare nessuno“, si raccontavano intercettati spiegando come avessero agganciato uno con i legami “grossi” e “siccome è stato nella merda, e a Piacenza comunque conosce tutti gli spacciatori, abbiamo trovato un’altra persona che sta sotto di noi”. Un galoppino, insomma che “va dagli spacciatori e gli dice: ‘Guarda, da oggi in poi, se vuoi vendere la roba… vendi questa qua, altrimenti non lavori!’. E la roba gliela diamo noi! Poi lui… loro… a loro volta avranno i loro spacciatori. Quindi è una catena che a noi arriveranno mai”. E loro nella catena ci marciavano, secondo l’accusa: curavano l’approvvigionamento durante il lockdown, tenevano i contatti con spacciatori di livello, svolgevano le attività di staffetta per conto degli spacciatori e custodivano la droga. A volte piazzavano marijuana e hashish per conto proprio: “Dieci giorni, m’ha venduto quattro etti di fumo”, confidavano al referente che era al vertice della “piramide”.

“L’erba buona l’ho tenuta” – A volte si procuravano gli stupefacenti direttamente dai sequestri: “Uagliò, la devi far sparire quanto prima… pesala, pesala, pesala… un chilo e mezzo gli ho trovato… il resto era merda… omissis… il resto l’ho sequestrata, questa qua buona l’ho tenuta… Da uno zaino ho fatto sparire tutto e l’altro l’ho preso …omissis… ho fatto un colpo della madonna”. Ed erano certi, perché del mestiere, di non essere beccati: “L’erba non è come il fumo che rimane lo stesso peso, l’erba diventa sempre più leggera, quindi, con l’erba, non ti sgameranno mai, non sono mica scemo.…omissis… Adesso ti devi far pagare… chi la vuole la paga!”. Ai primi di aprile, avevano “ringraziato” un pusher per la soffiata ricevuta dandogli una parte della droga sequestrata. “La roba che devo fare uscire… la cosa a Megid!”, diceva uno dei carabinieri. “Sono quelle divise”, rispondeva l’altro.

I pestaggi dei pusher – E poi c’erano le botte, presunti spacciatori pestati a sangue. Il 27 marzo vengono intercettati dopo il fermo di un immigrato, che viene ammanettato e picchiato: “Ragazzi prendetegli lo Scottex che abbiamo nella palestra così si pulisce. Prendilo e portalo qua… perché si deve almeno pulire”. “Sì, adesso mo lo puliamo… adesso prendiamo i guanti”. Lo scorso 8 aprile, il pestaggio viene captato dalle microspie: “Allora tu non hai capito che qua non comandi un cazzo, non hai capito un cazzo, allora!? (…) Questo è il primo della giornata, ok?”. “Siediti là e non rompere i coglioni, non rompere i coglioni, non rompere i coglioni, se trovo qualcosa a casa, per te tanti problemi. Tutto quello che trovo so mazzate per te”. Quanto avviene nelle ore successive è così ricostruito dalla procura: “Nel corso dell’arresto lo spacciatore viene condotto presso la caserma di via Caccialupo, dove subisce una serie di percosse, finalizzate all’ammissione del reato e alla rivelazione dei luoghi dove egli detiene la sostanza stupefacente. Ottenuta in maniera coercitiva l’informazione viene accompagnato presso la propria abitazione per consegnare lo stupefacente ai militari”. Quindi, “viene ricondotto in caserma e percosso nuovamente”.

L’estorsione: “L’ho fracassato, si è pisciato” – Tra il 4 il 5 febbraio, la procura ha ricostruito anche un’estorsione per ottenere un’automobile. “Figa, sono entrato attrezzato (armato, ndr)… Uno si è pisciato addosso, nel senso proprio pisciato addosso”, racconta uno dei carabinieri arrestati, considerato il numero 2 della “piramide”. “L’altro mi ha risposto e l’ho fracassato (…) Minchia oh! Teneva un Mac (il pc della Apple, ndr) e gliel’ho distrutto, tutto gliel’ho sfasciato”. Ed è lui stesso a raccontare come l’uomo ha quindi messo la targa di prova all’automobile “e ce la siamo portata a Piacenza”. Il vertice della piramide sembra confermare: “No, non hai capito? Hai presente Gomorra? Le scene di Gomorra… guarda che è stato uguale. Ed io ci sguazzo con queste cose. Tu devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato”.

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