Agli Stati Popolari degli invisibili sono andata per lo stesso motivo per cui non guardo i talk show dove gli invisibili ottengono visibilità solo se aizzati l’uno contro l’altro come cani malnutriti nei combattimenti. Precaria contro esodato, partita iva contro impiegato statale, italiano contro immigrato. Aboubakar Soumahoro dà voce alle vertenze per tenerle insieme: braccianti, rider, Ilva, Alitalia, Whirpool, call center, precari dello spettacolo, della scuola. La storia di come il lavoro è stato trasformato in sfruttamento, ricostruita da Marta Fana.

Trasformato di proposito. Lo sfruttamento non è conseguenza della crisi, dei cambiamenti climatici, dei fenomeni migratori. È il risultato del piano messo in atto quando i rapporti di forza sono cambiati e i partiti che promettevano di rappresentare i molti li hanno traditi. Lo sfruttamento e la dismissione del patrimonio pubblico erano le condizioni necessarie per trasferire una stratosferica quantità di ricchezza dalle tasche dei lavoratori a quella delle grandi imprese, mentre la riduzione delle aliquote (fino alla Flat Tax di Salvini) consentiva alle stesse di accumulare ricchezza senza redistribuirla.

Avere meno risorse da investire nei servizi forniva l’alibi per privatizzarli e consentire ai gruppi finanziari di trasformare in business la salute, i trasporti, la scuola. Il delitto perfetto è quello che pure se ti scoprono non possono punirti perché da-daaa!!! È tutto a norma di legge! I partiti di centrodestra e centrosinistra si sono prestati a scrivere le apposite norme perché i capi dei gruppi finanziari erano pure capi dei partiti o perché pagavano le campagne elettorali quando non le vacanze in barca. Il tradimento si è consumato approvando leggi – dalla scala mobile alla Legge 30 fino al Jobs Act – che hanno reso legale il lavoro precario e sottopagato.

Soumahoro allude a una nuova rappresentanza politica e lancia il Manifesto che invito a leggere. Enuncia principi con i quali nessun politico si direbbe in disaccordo e avanza rivendicazioni parziali, condivisibili quanto generiche. Chiede “diritto allo studio per tutte e tutti”, come del resto Dario Franceschini o qualunque predecessore, ma non di restituire alla scuola pubblica i finanziamenti che i governi, compreso l’attuale, regalano alla scuola privata.

Chiede di “assorbire quelli che hanno perso lavoro”, ma nemmeno Confindustria si direbbe contraria a rilanciare l’occupazione: da anni ottiene incentivi allo scopo. All’enunciazione di principio non segue la richiesta di alcun provvedimento all’infuori del reddito universale, ossia una modifica del reddito di cittadinanza. Il Manifesto, preciso e coraggioso nella richiesta di modificare le politiche migratorie cancellando Bossi-Fini e Decreti Sicurezza, è inconsistente sul lavoro.

Non rivendica un salario minimo che sottragga alla povertà 3 milioni di lavoratori poveri, non di eliminare i contratti a termine senza causale, reintrodurre la scala mobile, cancellare la Legge Fornero. Non è una dimenticanza. Soumahoro conosce le “riforme” che hanno scippato i lavoratori dei diritti. È un sindacalista Usb, sindacato che accusa i confederali di aver “ceduto ai padroni”, non facendo, come in Francia, un mese di sciopero contro la riforma delle pensioni, passata grazie a Forza Italia e Pd.

Tuttavia, nella stessa piazza che ha accolto una manciata di invisibili, la Cgil di Cofferati ha trascinato 3 milioni di lavoratori per bloccare la riforma dell’articolo 18 voluta da Berlusconi, Lega, An con la giovanile guidata da Giorgia Meloni e Udc di Casini poi eletto con il Pd (a Bologna! Tutte le volte lo devo scrivere per ricordarmi che è successo davvero). Oggi che l’Art.18 è stato soppresso dal governo Monti (Pd di Bersani e Forza Italia) poi da Renzi con il Jobs Act, il Manifesto non ne chiede la reintroduzione.

Quali riforme hanno legalizzato lo sfruttamento lo sanno anche gli esponenti politici che si aggiravano nel retropalco e sul palco con la sardina Mattia Santori: Elly Schlein, vicepresidente dell’Emilia Romagna eletta in coalizione col Pd. Annalisa Corrado, candidata di Leu e di Europa Verde. La combattiva avvocata Cathy La Torre. Eppure non si accenna a queste riforme, né al pareggio di bilancio in Costituzione, trattati europei, Mes, Ttip, Ceta, alleanze militari o, per dirlo con una definizione, qualunque rivendicazione che farebbe litigare con il Pd.

“Lasciamo fuori la politica dalla piazza”, dice Soumahoro. Ai militanti di Rifondazione Comunista e Potere al Popolo, che su questi temi sono andati allo scontro con il centrosinistra e con il centrodestra (che su questi temi erano d’accordo), è stato chiesto di non esporre bandiere.

Non condivido. Bandiere diverse possono condividere le stesse lotte. A quanti dal palco hanno evocato “uno spazio senza tessere e partiti” citando Berlinguer e Di Vittorio, ricordo che Enrico Berlinguer era segretario del Partito Comunista e Giuseppe Di Vittorio, oltre che segretario Cgil, era deputato comunista e tesserato al partito anche in clandestinità, sfidando il fascismo che impediva di sventolare bandiere. Senza i comunisti, gli anarchici, i socialisti, i sindacalisti gli invisibili sarebbero rimasti tali.

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