Si scambiava le scarpe con i familiari che andavano a trovarlo e dentro nascondeva i pizzini: i bigliettini di carta con i messaggi per il clan. In questo modo anche se si trovava in carcere Michele Senese continuava a coordinare e gestire le attività illecite della famiglia stabilendone la strategia criminale. I pizzini venivano scambiato con i familiari durante in colloqui, in particolare con il figlio Vincenzo e con la moglie, Raffaella Gaglione. In almeno due occasioni, Senese si è scambiato con il figlio, senza farsi notare dal personale di vigilanza, le scarpe che indossavano per scambiarsi messaggi. Il particolare emerge dall’operazione della procura di Roma che, con le indagini della squadra Mobile della Polizia e la Guardia di Finanza, ha portato a notificare un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 28 persone, ritenuti responsabili di estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego di proventi illeciti. Alcuni reati sono stati commessi con l’aggravante di avere agito con metodo mafioso agevolando la galassia criminale della camorra campana. Sotto sequestro sono finiti beni e aziende per circa 15 milioni di euro.

Cirinnà accusato di usura – Tra le persone arrestate c’è anche Claudio Cirinnà, fratello della senatrice del Pd Monica (del tutto estranea alla vicenda). L’uomo, che in passato era già stato coinvolto in un’inchiesta su traffico di carburante fra vari Paesi europei, oggi è finito in carcere: è accusato di usura. “Apprendo con amarezza e dolore da notizie di agenzia che mio fratello sarebbe coinvolto in un’inchiesta giudiziaria. So pochissimo della sua vita travagliata, benché abbia sempre cercato di aiutarlo a mettere sulla giusta via la propria esistenza. Il fatto che avesse accolto in casa nostro padre novantenne mi aveva fatto sperare in un ravvedimento. Se così non fosse ne sarei addolorata e profondamente delusa. Mi auguro che la sua posizione venga chiarita al più presto”, scrive su facebook la senatrice del Pd.

Il figlio di Senese arrestato in un resort di lusso – L’operazione ha colpito la famiglia Senese, più volte coinvolta in indagini di criminalità organizzata, il cui capo è il noto pluripregiudicato Michele Senese detto ”Michele ò pazzo“. E’ attualmente in carcere a Catanzaro, dove sta scontando una condanna quale mandante dell’omicidio del “boss della Maranella” Giuseppe Carlino. Dei ventotto destinatari dell’ordinanza, sedici sono in carcere, sei ai domiciliari, sei con l’obbligo di dimora. Tra le persone colpite dall’operazione c’è il fratello di Michele Senese, Angelo, il figlio Vincenzo e la moglie Raffaella Gaglione. Vincenzo, il primogenito, é considerato reggente del clan: è stato arrestato in un resort di lusso in Salento, una struttura da cinquemila euro a settimana della marina di Ugento.

La storia del clan – Il gruppo è notoriamente di origini napoletane, storicamente collegato al clan “Moccia” di Afragola, si è insediato stabilmente nella città di Roma negli anni ’80, dove è riuscito ad affermarsi tra le più influenti realtà criminali capitoline, dedicandosi principalmente al traffico di stupefacenti, alla gestione delle piazze di spaccio e al riciclaggio di proventi illeciti, accrescendo il potere criminale ed economico e agevolando la persistenza e la pervasività dell’associazione mafiosa di riferimento. La Capitale in particolare è diventata il centro nevralgico per tessere le relazioni e i contatti con tutto il territorio nazionale, controllare le attività illecite e convogliare gli ingenti profitti ricavati in settore economici in cui è più facile investire denaro contante, non tracciabile.

Gli affari dei clan pure nel Nord Italia – Dall’indagine emerge come Senese non avesse perso il suo “pallino” imprenditoriale. Dopo gli arresti di alcuni partner commerciali romani attivi nel settore delle auto, il clan ha investitato circa 500mila euro nel commercio all’ingrosso dell’abbigliamento, attraverso società in provincia di Frosinone e Verona. Altri 400mila euro sono stati reimpiegati in Lombardia attraverso il supporto di due imprenditori operanti al Nord Italia ma di origine campana, Giancarlo Vestiti e Antonio Sorrentino, che secondo l’accusa erano perfettamente consapevoli dell’origine dei fondi. I fondi illeciti sono stati utilizzati, tra l’altro, per acquistare partite di capi d’abbigliamento di noti marchi. Altre somme illecite, quantificate in 1 milione di euro, dapprima trasferite in Svizzera e gestite attraverso due soggetti giuridici esteri appositamente costituiti da un colluso imprenditore italiano residente in Svizzera, sono state impiegate per finanziarie attività imprenditoriali di una società milanese (con unità operative in Campania) riconducibili a persone contigue al clan. In questo senso, le indagini hanno fatto emergere significativi collegamenti e flussi finanziari illeciti da e verso il paese elvetico, con inquinamenti di settori dell’economia lombarda e veneta, frutto dell’interposizione di società costituite ad hoc nel Nord Italia dove immettere nel circuito economico legale risorse finanziarie di origine criminale. Allo stesso tempo Angelo Senese è riuscito a far confluire le risorse, con investimenti illeciti per oltre 230mila euro, in noti ristoranti della Capitale – tra i quali ”Da Baffò e “Da Baffo 2” oltre che in un importante caseificio in provincia di Latina di produzione casearia, ricorrendo sempre a prestanome.

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