Una riunione fiume, durata fino a tarda notte alla ricerca di un’intesa. Il preconsiglio dei ministri sul decreto semplificazioni ha certificato che ci sono ancora dei nodi da scogliere all’interno della maggioranza. L’approdo del testo in Cdm, previsto oggi, deve slittare: l’ipotesi ad ora più “probabile” è lunedì. Lo scontro principale riguarda gli appalti e il cosiddetto “modello Genova“, che piace ai Cinquestelle e a Italia Viva ma trova la diffidenza di Leu e di una parte del Pd, non disposto a cedere sul Codice degli Appalti: “Dalla sua introduzione c’è stato un balzo record”, ha ricordato Graziano Delrio. Il preconsiglio a oltranza è servito perlomeno a ricucire altre divisioni: una su tutte riguarda la riforma dell’abuso d’ufficio su cui, scrivono Repubblica e Sole 24 Ore, si è arrivati a una bozza di accordo.

Tra i 48 articoli del decreto è prevista la sospensione di un anno delle gare per gli appalti sotto i 5 milioni (la soglia comunitaria), sostituite da procedure negoziate, ovvero con la chiamata di cinque imprese da parte della stazione appaltante. Come spiega Il Fatto Quotidiano in edicola, riguarda il 95% degli appalti. Inoltre, il testo prevede anche che il Mit stili una lista di opere considerate prioritarie che verrebbero commissariate, appunto sul modello Genova. “Se si sceglie il ‘modello Genova’ funzionerà, altrimenti sarà solo aria fritta“, avvisa il capogruppo al Senato dei renziani, Davide Faraone. Spinge per un “modello Italia” anche il viceministro dei Trasporti M5s, Giancarlo Cancelleri: “Serve un modello veloce e snello per spendere più soldi possibili in opere utili al paese e creare posti di lavoro e far ripartire l’economia dando la migliore risposta alla crisi economica”.

Almeno una parte del Pd è però contraria ai commissari: dall’altra però la lista delle grandi opere verrà stilata al ministero delle Infrastrutture, dove al timone c’è proprio la dem Paola De Micheli. Un’assist ai critici tout court di LeU è arrivato invece dall’Anac, con il presidente Francesco Merloni che ha avvertito: “Ben vengano tutte le semplificazioni per aiutare amministrazioni e imprese, ma non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio; al contrario, le deroghe indiscriminate creano confusione, i Rup e le imprese non hanno punti di riferimento e si rischia di favorire la corruzione e la paralisi amministrativa”.

Il premier Giuseppe Conte ieri ha difeso il decreto, quello che ha definito “la madre di tutte le riforme”. Lo ha fatto ribadendo ai partiti che ha “frettissima” di approvarlo e che non permetterà venga “annacquato” dai loro dubbi o da richieste come quella di Iv di eliminare dal testo le norme sull’abuso d’ufficio e danno erariale. Un punto, questo, in comune con Confindustria. Il presidente, Carlo Bonomi, infatti, ha esortato il governo a “definire al più presto il decreto”,. Il leader degli industriali ha riconosciuto, comunque, che “il problema è immenso”.

La richiesta dei renziani di stralciare la riforma dell’abuso d’ufficio, scrive il Sole 24 Ore, sarebbe stata respinta con una riformulazione del testo in cui vengono circoscritte le condotte di un amministratori punibili sul piano penale: saranno punibili solo le violazioni di leggi e regolamenti. E sparisce dall’articolo la parola “discrezionalità”, racconta Repubblica, dopo un intervento del Guardasigilli Alfonso Bonafede. Ritocchi che dovrebbe chiudere la questione, ma la trattativa andrà avanti anche su altri punti: dal subappalto al danno erariale, fino ad altri presunti condoni presenti nel testo e denunciati da LeU.

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