Tutti gli economisti, che da anni ormai riescono a prevedere il futuro molto meglio dei politici, aspettavano già da tempo – almeno due o tre anni – di individuare la miccia che avrebbe scatenato la seconda “Grande Recessione” di questo secolo, dopo quella dei “subprime mortgage” che, insieme a tutti gli abusi finanziari del quinquennio antecedente il 2007, ha provocato il pesante crollo di Wall Street nel settembre 2008.

Ma stavolta la miccia era così piccola e corta (il Covid-19) che nessuno ha potuto vederla. Tutti l’hanno vista solo quando è esplosa (in Cina), contagiando in pochi mesi tutto il mondo, e facendo danni ben più gravi di quelli che nemmeno il più lungimirante degli economisti avrebbe potuto immaginare.

Anche se non è ancora finita, anzi, in altre parti del globo è addirittura solo all’inizio, vogliamo – o meglio dobbiamo – pensare alla ripresa. Ma… ci sarà una buona ripresa? Tutti rispondono di sì, ma se potessimo leggere nei loro pensieri troveremmo che nessuno lo dice con vera convinzione. E’ il classico modo, soprattutto americano (It’s all right… andrà tutto bene!), di infondere coraggio sapendo di mentire.

Non è però per niente d’accordo Naomi Klein, che sul numero del 7 giugno scorso dell’Espresso in un articolo dal titolo “La dottrina dello shock pandemico” cita dapprima Bill e Melinda Gates che, con la loro filantropica Foundation, sono stati gli unici a prevedere che la “prossima catastrofe globale sarebbe stata provocata da un virus, non da una guerra”. Ma loro sono capitalisti e filantropi, non economisti o politici. Essendo, con le loro donazioni milionarie, benefattori di milioni di vaccinazioni gratuite nei paesi poveri, già sapevano che qualcosa di terribile, e non immediatamente contrastabile, sarebbe arrivato a guastare i sonni di tutti i potenti della terra, portando tutti i sistemi sanitari – e persino i forni crematori – al collasso con bollettini di “guerra” giornalieri sulle vittime. Anche se la guerra nessuno l’aveva dichiarata.

Ma Gates non è solo un filantropo è anche, a fasi alterne con Jeff Bezos (di Amazon) l’uomo più ricco del mondo. Ed è anche uno dei primi grandi precursori dell’Intelligenza Artificiale (A.I. in breve) coi suoi software (programmi) che accompagnavano l’evoluzione dei computer. La sua Microsoft è adesso leader delle memorie artificiali situate nei “clouds” (le nuvole) che con robot, software, hardware, telefoni intelligenti, magazzini automatici, auto senza pilota, eccetera, è solo una delle tante mega-produttrici di intelligenze artificiali.

Tutte queste meraviglie dell’era moderna aspettavano solo l’occasione buona per far diventare obsoleti noi umani. E ci sono riuscite proprio grazie al Covid-19, che ci ha obbligato a stare in casa per più di due mesi costringendo molte fabbriche a servirsi di automi, altri a far lavorare da casa. Anche chi li odiava, è stato obbligato ad usare per forza gli “smartphone”. Persino le scuole hanno dovuto inventare l’insegnamento a “distanza”.

Naomi Klein però non si è fatta sorprendere dalle belle spiegazioni con le quali i super-manager delle corporation che costruiscono le intelligenze artificiali vantano i loro prodotti. Nel suo articolo ha preferito evidenziare i problemi che le A.I. lasciano piuttosto che i vantaggi che creano (per i pochi che ci guadagnano) e ha suonato tutti gli allarmi possibili concludendo: Si tratta di scegliere se investire nelle persone o nella tecnologia. Perché la brutale verità è che così come stanno le cose è improbabile che si possano fare entrambe le cose. Le scuole, le università, gli ospedali e i trasporti sono davanti a scelte esistenziali”.

Probabilmente ha convinto tutti (me incluso) della enormità di problemi che ci aspettano quando la guerra col Coronavirus sarà conclusa, ma forse ha spaventato davvero il direttore de l’Espresso, Marco Damilano, che ha invece sentito il bisogno di smontare un poco quegli allarmi mettendo un paio di pagine a disposizione di Luciano Floridi, che insegna Filosofia a Oxford, per smontare la settimana successiva tutti gli allarmi sollevati con un articolo indirizzato direttamente alla Klein. Basta citare i sottotitoli per capire ciò che dice: “La didattica a distanza? Un’opportunità. Lo smart working? Rende più liberi. Le app di controllo? In Italia entro un quadro giuridico. Il filosofo respinge le tesi dell’attivista”.

A chi dobbiamo credere dunque? Non bisogna nemmeno chiederselo. Floridi? Mettetelo nella categoria di quelli che dopo la crisi del 2008 dicevano che per uscire dalla recessione bisognava praticare una severa austerity. Per me ha ragione da vendere la Klein! Il virus ha creato un solco profondissimo: dietro di noi c’è l’umanità prima dell’intelligenza artificiale, davanti abbiamo quella – per ora massimamente ignota – di pochi ricchissimi umani proprietari della sofisticatissima tecnologia con la quale controlleranno tutta l’umanità inerme (avete provato a stare un solo giorno senza internet?).

Senza internet e intelligenze artificiali saremo tutti come uomini delle caverne armati di clave.

Cosa si può fare per uscire da questa trappola? Intanto bisogna far pagare alle A.I. tutte le tasse che prima pagavamo noi col nostro lavoro, e poi… dobbiamo inventarci qualcosa da fare, anche se non serve a niente.

P.S. L’idea di tassare i robot è proprio di Gates, io l’ho solo adeguata al reale fabbisogno.

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