“Fuori i bambini e le loro madri dalla carceri”. A lanciare questo appello è Antonio Gaudioso, il segretario generale di Cittadinanzattiva che ha scritto con don Luigi Ciotti, Nando dalla Chiesa, don Gino Rigoldi, padre Alex Zanotelli, Giovanni Moro, Alessandro Bergonzoni, Sergio Staino, Patrizio Gonnella, Fabrizio Barca, Chiara Saraceno e tanti altri una lettera ai ministri della Giustizia e dell’Economia, Alfonso Bonafede e Roberto Gualtieri, ma anche al presidente della Camera Roberto Fico e all’onorevole Francesca Businarolo a capo della commissione Giustizia della Camera.

Al 31 maggio 2020 nel circuito penitenziario risultavano presenti 30 detenute mamme con 34 figli: 11 madri e 12 bambini sono rinchiusi nelle sezioni nido delle case circondariali, il resto si trova negli istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam). Proprio in occasione dell’epidemia del Covid 19, Cittadinanzattiva ha sollevato la questione richiamando l’attenzione delle istituzioni sulla condizione dei bambini ristretti nelle strutture penitenziarie.

Una presa di posizione che ha smosso anche la politica. In occasione della discussione in Senato del Decreto legislativo 28/2020, infatti, le senatrici del Partito Democratico Monica Cirinnà, Valeria Valente e Anna Rossomando hanno presentato un emendamento in commissione Giustizia che prevedeva la realizzazione di nuove case famiglia protette, idonee a ospitare madri e bambini provenienti dalle carceri, attraverso apposite convenzioni tra il ministero e gli enti locali.

“L’approvazione della proposta – scrivono i firmatari dell’appello – avrebbe presentato una prima soluzione concreta, sia nell’emergenza che al di là di essa, per consentire percorsi del tutto alternativi alla detenzione dei bambini e delle loro madri. Tuttavia, l’emendamento, con nostro grande rammarico, è stato successivamente ritirato e trasformato in un ordine del giorno che come noto, rappresenta un semplice atto di indirizzo rivolto al Governo”.

Un passo indietro che non è piaciuto a Cittadinanzattiva che ora con questa missiva rilancia le sue proposte ritenendo “inaccettabili soluzioni di compromesso”. Un richiamo ad assumersi responsabilità concrete che possano modificare realmente la situazione delle mamme e dei bambini che si trovano in carcere. L’organizzazione con tutti gli aderenti all’appello spera che in fase di discussione del Decreto legislativo 28/2020 si possano recepire le proposte avanzate.

In concreto si chiede che le donne incinte e le mamme di bambini fini a sei anni possano essere accolte in case famiglia protette. Non solo. A proposito di case famiglia protette che finora sono previste senza oneri per lo Stato, i firmatari chiedono che i costi non restino a carico degli enti locali ma che sia previsto un filone di finanziamento dedicato reperendo le risorse dai fondi a disposizione del ministero della Giustizia.

Articolo Precedente

Perugia, la protesta contro lo stop all’aborto farmacologico in day-hospital: “Dobbiamo avere possibilità di scelta sul nostro corpo”

next
Articolo Successivo

Breve storia del razzismo: dall’odio religioso nel Medioevo all’apartheid, un libro per capire ascesa (e declino) di un “prodotto occidentale”

next