Per la polizia antiterrorismo ha agito da lupo solitario, ma le indagini proseguono “fino in fondo”, come ha precisato il premier Boris Johnson. Perché sono tanti i punti da chiarire sull’attacco di Khairi Saadallah, richiedente asilo libico di 25 anni che nel fine ha accoltellato a caso una mezza dozzina di persone in un parco di Reading, città dell’Inghilterra meridionale nella Valle del Tamigi, uccidendone tre – tra cui un insegnante di 36 anni e un cittadino americano – e ferendone gravemente altre tre. L’attacco, dopo qualche esitazione ufficiale, è stato qualificato come “terroristico” dagli investigatori. Ma pesa anche il sospetto di una componente di squilibrio mentale.
Secondo quanto scrive il Daily Mail, pare che Saadallah si fosse fatto tatuare una croce sul braccio una volta arrivato nel 2012 nel Regno Unito, prima come turista, poi rimasto come richiedente asilo. Scappato dalla Libia perché diceva di essere perseguitato dagli islamisti, visto che non disdegnava alcol e fumo, era entrato nel radar dei servizi segreti interni di Sua Maestà dell’MI5 fin dall’anno scorso ma a fine 2019 era uscito dal carcere senza apparenti vincoli di sorveglianza dopo una condanna a poco più di 12 mesi per reati “minori” di criminalità comune. Il profilo di un personaggio sospetto, ma anche di psicolabile, secondo fonti d’intelligence che ne hanno evocato la “salute mentale” come “un fattore importante” nell’accaduto: contagiato magari da suggestioni radicali proprio in prigione.
Ma diversi interrogativi devono essere ancora sciolti. Al centro dell’attenzione è il profilo dell’arrestato: di origine libica (come il terrorista kamikaze Salman Abedi che nel 2017 fece strage alla Manchester Arena). Neil Basu – numero due di Scotland Yard e capo dell’antiterrorismo britannico, intervenuto nelle indagini su richiesta della Thames Valley Police – ha lasciato balenare qualche analogia con gli ultimi due raid di terrorismo fai-da-te verificatisi a Londra nei mesi scorsi, fra novembre e febbraio: in particolare quello perpetrato 7 mesi fa a London Bridge da Usman Khan, jihadista in libertà condizionata abbattuto da un agente dopo aver ucciso a coltellate due giovani ricercatori impegnati nel reinserimento degli ex detenuti indossando un finto gilet esplosivo. Similitudini solo parziali del resto, nelle parole estremamente prudenti di Basu.
“Nulla ci fa ritenere che vi sia qualcun altro coinvolto e al momento non ricerchiamo nessuno”, si è infatti limitato a dire l’alto funzionario, confermando che il fascicolo aperto riguarda formalmente la legge sul terrorismo vista la dinamica dell’episodio, ma insistendo che l’esatto movente di “questa atrocità” resta al momento “lontano dall’essere chiaro”. Certi sono invece gli attimi di terrore vissuti ieri sera a Reading, nel parco di Forbury Gardens, due ore dopo una pacifica manifestazione antirazzista del movimento Black Lives Matter con cui è confermato non esserci stato alcun legame.
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