I primi due controlli non sono stati poi difficili da superare. È bastato mescolarsi fra la folla ed evitare di attirare l’attenzione su di sé. Eppure quella sua aria ostentatamente rilassata e quel suo comportamento artificiosamente ordinario hanno finito per insospettire qualcuno. Così, quando un’addetta della compagnia aerea gli si avvicina per procedere a una perquisizione corporea, lui inizia a innervosirsi. E dice la prima cosa che gli passa per la testa: “Mi spiace, mi sono appena sottoposto a una liposuzione e non posso essere toccato”. Una balla già poco convincente per lui, figuriamoci per la polizia. È in quel momento che la sua vita cambia.

Per la seconda volta. Mentre l’addetta va a cercare un supervisore, lui riesce a sgattaiolare via e a salire sull’aero. Ma la sua fuga dura poco. Appena arrivato all’aeroporto JFK di New York gli agenti lo bloccano e lo portano in disparte. La perquisizione dura poco, ma è fruttuosa. Perché quell’uomo ha circa sei chili di eroina nascosti fra pantaloni e mutande. Quando i telegiornali di mezzo mondo mostrano la sua faccia nessuno sembra riconoscerlo. Il capello lungo impomatato, la faccia pingue, lo sguardo assente. Ma quando pronunciano il suo nome tutti rimangono sbigottiti. Perché l’uomo che si è fatto arrestare in quell’anonimo giorno di settembre del 2010 (e che verrà condannato a due anni e mezzo) si chiama Byron Moreno. E in un passato neanche troppo remoto faceva l’arbitro di calcio.

La prima volta che il mondo aveva sentito quel nome era stata otto anni prima, durante il Mondiale nippo-coreano. Il 18 giugno l’Italia affronta la Corea del Sud negli ottavi di finale. Gli azzurri non giocano bene ma passano in vantaggio con Vieri al 18’. A 2’ dalla fine i padroni di casa pareggiano con Seol Ki-Hyeon. Si va ai supplementari. E a due giri di lancette dalla fine Ahn segna il Golden gol che regala il passaggio del turno alla Corea. Una storia di calcio come tante se non fosse per un unico, piccolissimo, dettaglio: Moreno sembra arbitrare a senso unico. A ogni fallo gli Azzurri vengono ammoniti. Niente di eccezionale per uno che era stato soprannominato “Senor tarjeta amarilla” e che aveva ridotto in 8 l’Argentina durante una Copa America.

Ma il capolavoro va in scena durante i supplementari. Totti, già ammonito, viene contrastato in area. Moreno, che è lontano dall’azione, giura di aver visto una simulazione (in realtà inesistente) e manda fuori il numero 10. Qualche minuto dopo Tommasi segna la rete che potrebbe mettere fine alla partita, ma Moreno e il guardalinee annullano per un fuorigioco (in realtà inesistente). Il resto è storia. A fine partite gli azzurri sfogano la loro rabbia contro gli armadietti, gli specchi e le panche. “Se incontrassi Moreno gli darei un pugno in faccia”, dice Angelo Di Livio. “Se avessi venti chili in più non potrei fare il calciatore, perché lui fa l’arbitro?”, domanda Cristiano Zanetti. “Era sovrappeso, non ce la faceva a correre, quando mi ha espulso per simulazione era a 40 metri di distanza”, si lamenta Totti. L’Italia ha trovato il suo capro espiatorio.

E Byron Moreno ha il physique du rôle perfetto per alimentare questa narrazione. Basso, tarchiato, con gli occhi aperti a metà, l’arbitro diventa quasi subito una macchietta. A fine partita Trapattoni si presenta davanti alle telecamere. “È tutta colpa dell’arbitraggio? Credo che tutto il mondo abbia visto la partita – dice – questo Mondiale è cominciato con questo andazzo ed è proseguito nello stesso modo”. In Italia si grida allo scandalo, gli altri giornali provano a focalizzarsi sulla partita. Tutti tranne l’Equipe, secondo cui l’espulsione di Totti “puzza di zolfo”. In Ecuador, invece, tutti si stringono all’improvvisato eroe nazionale. “Quando una grande squadra fallisce si tende a cercare un colpevole – scrive il quotidiano Expreso – e in molto casi questo è l’arbitro”. Il giorno dopo Moreno viene intervistato da Radio24. E non ha nessuna voglia di ammettere i propri errori. “Non ho nulla da rimproverarmi sono soddisfatto del mio lavoro – dice – ricordatevi del gol sbagliato da Vieri: era solo davanti alla porta. Mi spiace che gli italiani siano arrabbiati con me. Io non ho nessun problema con loro”. E ancora: “Se penso di venire in Italia? No, no, almeno per il momento“.

La stampa vuole sapere di più su questo personaggio particolare. Così inizia a scavare nel suo passato. Qualcuno dice che faccia l’istruttore di educazione fisica. Lui smentisce piccato. In verità è un avvocato, si è laureato all’Universidad de Quito, ma non esercita. Rispondere alla critiche degli italiani diventa un lavoro a tempo pieno. “Gli azzurri dicono che ero sovrappeso? La mia non è grassezza – dice – ma costituzione fisica“. E ancora: “Dicono che sull’espulsione di Totti ero a 40 metri? Un campo di calcio è lungo 105 metri – spiega a Repubblica – Se fosse vero quello che dite mi sarei trovato nella metà campo coreana. Lo sa che ho un’ottima vista? Al test oculistico dea Fifa ho registrato 20/20 all’occhio destro e 15/20 a quello sinistro. Ho una vista superiore alla media“. Sarà, ma intanto la Fifa decide di tagliare l’arbitro dai 24 che continueranno il Mondiale e di rispedirlo a casa. Solo Ronaldo sembra difendere Moreno. Dopo la vittoria sull’Inghilterra il Fenomeno risponde alle domande dei cronisti. “Secondo te Italia-Corea è stata arbitrata bene?”, gli chiede qualcuno. “Secondo me sì”, risponde il brasiliano.

Intanto in Italia Moreno diventa un personaggio pop, quasi di culto. Un bar sul lungomare di Trani decide di dar vita alla Coppa Moreno, un gelato con crema impazzita, nocciola e panna montata. Tutto innaffiato da un bicchiere di Borsci San Marzano. La Giunta di Santa Teresa di Riva, in provincia di Messina, ha un’idea un po’ diversa. Così viene approvata una delibera che intitola all’arbitro la bellezza di quattro nuovi vespasiani. Moreno incassa e cova rabbia. Ad agosto partecipa a un programma cileno e parte al contrattacco: “Non è la prima volta che in Italia si comportano così – accusa – ricordiamo che quando Benito Mussolini era al potere, prima dei Mondiali del 1938, disse alla Nazionale del suo Paese che se non conquistavano la Coppa del Mondo in Francia non sarebbero potuti tornare a casa. Ed ora è più o meno lo stesso: gli italiani pensano che devono vincere con le buone o con le cattive ma non sanno proprio perdere”.

E poi aggiunge: “Se gli italiani parlano di corruzione è perché sono abituati a trattarla”. Intanto a settembre Moreno ne combina un’altra. A Quito si gioca Liga Deportiva Universitaria-Barcelona di Guayaquil. Al 90’ gli ospiti conducono 2-3 e il recupero era stato fissato a 6 minuti. Solo che Moreno aveva prima allungato il recupero di altri sei minuti, poi aveva concesso un rigore molto dubbio ai padroni di casa e avevo espulso un calciatore del Barcelona. Alla fine la Liga Deportiva aveva vinto 4-3. “Errare è umano” risponde l’arbitro a chi gli chiede spiegazioni. Non la deve pensare così la Federazione degli arbitri dell’Ecuador che decide di sospenderlo a tempo indeterminato, mentre la Fifa apre un’inchiesta su di lui. Ma Byron non ha nessuna intenzione di fermarsi. Si presenta alle elezioni per il consiglio comunale di Quito, ma arriva solo ventunesimo (i posti erano 15). È l’inizio della sua parabola discendente. Moreno dice di sentirsi offeso dalla Fifa e a novembre del 2002 annuncia il suo ritiro.

È dispiaciuto, ma ha già un piano b in tasca: aprirà una scuola per arbitri. A gennaio 2003 l’arbitro torna in Italia. Sarà ospite di Stupido Hotel, un nuovo show di RaiDue che strizza l’occhio al trash. “Sono andato personalmente in Ecuador per partecipare al programma – dice Adriano Aragozzini, produttore del progetto – Moreno entrerà in scena nei panni del miliardario che riesce a risollevare le sorti di un hotel in disgrazia organizzando una festa straordinaria. Si esibirà circondato da splendide top-model, ballerà con Carmen Russo, canterà accompagnato dall’orchestra. E soprattutto risponderà alle domande di José Altafini, anche le più cattive”. Lo show non è esattamente un successo, ma Moreno sembra vestire bene i panni della caricatura di se stesso. La sua figura scivola verso l’oblio. Prima il carcere negli Stati Uniti, poi il ritorno in patria. Dove viene accusato di evasione fiscale. L’ennesimo colpo di scena nella vita dell’arbitro più discusso del mondo.

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