Li hanno fermati per strada, nei pressi degli abituali punti di ritrovo come davanti ai McDonald’s, approfittando anche del passa parola tra i rider. Per fare luce sull’inchiesta di caporalato esercitato nei confronti dei ciclofattorini minacciati e pagati a tre euro a consegna, dopo che Uber Italy, appaltando a società terze la gestione dei dipendenti, è stata commissariata per sfruttamento perché ritenuta consapevole delle reali condizioni di lavoro, durante il fine settimana i carabinieri hanno chiesto a oltre mille rider, operanti per le principali piattaforme virtuali del food delivery, le reali condizioni di lavoro.

I controlli sono scattati da nord a sud, non solo nelle grandi città, in una sorta di maxi-ascolto di persone informate sui fatti nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla procura di Milano che indaga ad ampio spettro sui rapporti che intercorrono tra i ciclofattorini e le società di consegna di cibo a domicilio.

Un semplice questionario, ha sottolineato il Corriere della sera, è stato sottoposto tra un ordine e l’altro ai fattorini italiani e stranieri, senza distinzione. Tra le domande, da “come sei stato assunto?” a “quante ore devi fare al giorno e quanto vieni pagato?”. Le risposte, una volta analizzate, permetteranno agli agenti di capire in che modo vengono reclutati e pagati i fattorini, se ci sono situazioni di sfruttamento o pressioni da parte dei responsabili e se vengono violate le norme sull’immigrazione.

Se inizialmente alcuni dei riders, soprattutto quelli stranieri, sono parsi più restii a partecipare all’indagine che era prevista a marzo ma è stata rimandata a causa del lockdown, per “perdita di tempo” o per “paura di essere scoperti dai datori di lavoro”, scrive ancora il Corriere, una volta che la notizia si è diffusa nelle chat dei fattorini, gli agenti non hanno avuto più problemi a far compilare il questionario.

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