“Traditori? Semmai traditi”. Dopo mesi di tensioni interne, cinque deputati dell’Ars siciliana hanno deciso di lasciare il Movimento 5 stelle in polemica con il loro gruppo. Una scissione accompagnata dal lancio di un nuovo “progetto”: “Non siamo un partito, ma non siamo neanche un movimento”, ha detto nel corso della conferenza stampa il deputato agrigentino Matteo Mangiacavallo. Fuoriuscito così come Angela Foti, Elena Pagana, Valentina Palmeri e Sergio Tancredi. Sono loro i volti del neonato Attiva Sicilia. Che già dal nome – che vuole richiamare l’attivismo delle origini – lancia la sfida a quello che, secondo gli scissionisti, “è diventato in questi anni il Movimento 5 stelle”. E non è un caso che il logo scelto, una A senza stanghetta centrale, ricorda la V del MoVimento capovolta. “Il programma del M5s, al netto dei comunicati stampa, è rimasto solo un’enunciazione”, ha attaccato Angela Foti. La deputata regionale – la cui elezione a vicepresidente dell’Ars con i voti del centrodestra ha provocato molti malumori dentro ai 5 stelle – ha parlato di una scelta “necessaria”: “Non c’era più dialogo né possibilità di confrontarsi sui temi. Quando abbiamo tentato, ci è stato fatto presente più o meno velatamente dove fosse la porta d’uscita”. Foti ha smentito che in questo periodo ci siano state “riunioni vere e proprio all’interno del M5s”. Ma ha rivelato che il gruppo è stato contattato per mail “da Vito Crimi che voleva fare una riflessione e capire quello che stava accadendo”.

Poco dopo è arrivata la nota dei deputati M5s all’Ars che hanno chiesto scusa ai siciliani a nome degli ormai ex colleghi: “Erano partiti per cambiare la politica, hanno finito per cambiare casacca”, si legge nella nota. “Hanno tradito il mandato che i siciliani gli avevano affidato. Il tempo ci dirà se dietro la loro scelta c’erano le sirene della maggioranza o altri obiettivi. Se veramente non si ritrovavano più nel gruppo o nel Movimento, avrebbero potuto dimostrarlo con un unico gesto, le dimissioni, continuando a fare politica da semplici cittadini. Proprio quella del passo indietro è un’ipotesi già stata scartata dalla stessa Foti: “Non intendo dimettermi né da deputata né da vicepresidente dell’Ars perché la carica mi è stata conferita dal Parlamento. Chi ha parlato di inciucio sperava nel voto delle stesse persone che alla fine hanno deciso di votare per me. Mi sembra una lieve ipocrisia dettata da risentimenti personali”.

Il divorzio dal gruppo, che da 20 passa a 15 deputati, arriva dopo otto anni in cui il Movimento 5 stelle è stato il primo partito nell’Isola, nonostante non sia mai riuscito a governare. E tra i motivi che hanno portato alla rottura c’è stato proprio il rapporto con chi alla guida della Sicilia c’è da tre anni: Nello Musumeci. Foti e colleghi hanno infatti, dall’inizio, rivendicato il diritto di aprire un canale di comunicazione con la maggioranza, mentre il resto dei deputati è rimasto fermo nel ruolo di oppositore. “Il M5s a cui abbiamo contribuito con devozione ha perso il ruolo di ago della bilancia, è diventato gioco di palazzo”, ha detto ancora Foti. “Come a voler dire: ‘Non facciamo la cosa giusta perché, se facciamo la cosa giusta, il merito se lo prende qualcun altro’”.

Ancor più che la decisione di astenersi al momento di votare la finanziaria regionale (Sergio Tancredi ha addirittura votato a favore), il momento più caldo della lotta intestina ai pentastellati si è registrato a novembre. Quando all’Ars è arrivata la tanto attesa riforma sui rifiuti. Un approdo brevissimo, perché il voto segreto – chiesto tra gli altri proprio dal M5s – ha affossato sul nascere il ddl. “Quella per noi ha rappresentato una frattura vera”, ha detto Foti. “La scelta del voto segreto non è stata concordata e ha favorito quel lato oscuro, senza volto, che è interessato a bloccare una riforma necessaria”.

Il gruppo degli scissionisti è composto da deputati al secondo mandato (tranne la sola Elena Pagana che è invece al primo giro nel Parlamento regionale), ma smentiscono che il loro sia un calcolo politico per potersi ricandidare. “In questi anni anni è stata tradita la fiducia che la gente ci aveva dato. Abbiamo finito per pensare al sopravvivere a noi stessi, abbiamo iniziato a scimmiottare malamente gli altri partiti”, ha chiuso Foti. Il ritorno alle origini passerà per il mantenimento di uno dei punti fermi del credo grillino: la restituzione di parte degli stipendi. “Continueremo a tagliarci le indennità e doneremo i soldi risparmiati ai progetti che ci verranno indicati dal territorio. L’unica cosa che chiediamo – concludono – è tempo, vogliamo tornare a essere l’ago della bilancia nell’esclusivo interesse dei siciliani”.

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