“Non è facilissimo lavorare a casa da soli. Farlo poi senza alcuna preparazione è ancora più complesso”. Per Angela Galassini, consigliere dell’associazione Società Italiana di Psicologia del Lavoro e dell’Organizzazione (Siplo), da qui deriva buona parte dello stress sperimentato dai lavoratori che, causa Covid-19, si sono ritrovati l’ufficio in casa. Con tutti gli annessi e connessi. A partire da strumenti e spazi di lavoro inadeguati. Con il risultato che fra i lavoratori non solo si sono moltiplicati cefalee, mal di schiena, attacchi di cervicale e tendiniti. Ma in alcuni casi è anche salito alle stelle il tecnostress, dovuto all’iperconnessione e alla gestione della tecnologia nella solitudine delle mura domestiche. Come fare quindi a gestire al meglio tempo e spazio in telelavoro?

Per gli aspetti pratici, i suggerimenti vengono direttamente dai protocolli Inail come suggeriscono i medici del lavoro: sedie ergonomiche, monitor orientabili e adeguatamente illuminati, tastiere “sufficientemente larghe perché le mani possano lavorare senza essere costrette in posizioni contratte”, come si legge sul sito dell’Inail. Come vuole la legge 81 del 2017, che ha definito il lavoro agile, si tratta di prescrizioni a carico dei datori di lavoro. Tuttavia è difficile immaginare che le imprese, pubblica amministrazione inclusa, si muovano velocemente per offrire in tempi stretti al lavoratore strumentazioni adeguate. Non a caso, nonostante l’eccezionalità del Covid, alcune aziende, fra cui ad esempio la Caltagirone Editore, hanno chiesto delle liberatorie ai dipendenti che lavorano da casa. In sintesi, in questa fase, sugli aspetti pratici se possibile è bene attrezzarsi per tutelare la propria salute. E porre attenzione a prendersi qualche pausa: secondo l’Inail, quindici minuti ogni due ore al pc.

L’aspetto più complesso è la parte della gestione del lavoro. “Va detto innanzitutto che quello che stiamo sperimentando oggi non è smartworking, ma un home working anche abbastanza improvvisato – riprende Galassini – Con il lockdown molti lavoratori si sono trovati dall’oggi al domani ad arrangiarsi un po’. Hanno iniziato a svolgere lavoro da casa senza alcun tipo di preparazione e spesso con gli strumenti tecnologici che avevano personalmente a disposizione e che quindi non sono stati forniti dall’organizzazione del lavoro, come accade in smartworking”. Di qui buona parte di stress che, secondo la psicologa, si potrebbe gestire rassicurando le persone come spiega l’esperta affinché “si rendano conto che le problematiche sono comuni”.

Il suggerimento? “In condizioni normali, lo smartworking sarebbe stato preparato con un accordo aziendale in cui sono definiti degli obiettivi da raggiungere. In questa situazione bisogna cercare di trovare da soli delle soluzioni operative” precisa Galassini. E’ fondamentale quindi avere, ad esempio, già in mente a chi poter chiedere una mano nel caso di un problema tecnico. “E’ un aspetto, quest’ultimo, che genera molta ansia nel lavoratore e che normalmente dovrebbe avere un referente dedicato indicato dall’impresa” prosegue Galassini.

Per superare la sensazione di isolamento lavorativo, è bene invece organizzare almeno delle videoconferenze. Meglio ancora dei webinar di formazione sull’attività lavorativa svolta a casa. “Vari studi segnalano come lo smartworking sia ottimale entro le 15 ore massimo. Oltre i due o tre giorni, il lavoratore dovrebbe rientrare in contatto con l’azienda per vedere gli altri colleghi – riprende Galassini – C’è bisogno di un supporto che sia il contatto, sentirsi, vedersi attraverso le conferenze. Va coltivato il contatto e va attivata la formazione per i dirigenti. E’ difficile darsi la motivazione senza vedere nessuno, senza consultarsi con nessuno”.

Infine la problematica più complessa da affrontare è la difficoltà di conciliare casa e lavoro, soprattutto per le donne. Su questo punto, l’unico consiglio è l’organizzazione. “In questi giorni abbiamo assistito all’intrusione del lavoro nella vita familiare e viceversa – precisa Galassini – si fa difficoltà a intravedere i confini fra le due cose. Non ci sono limiti precisi fra lo spazio personale e familiare e quindi se uno non è abbastanza bravo si trova in seria difficoltà”. Non è un caso del resto che lo smartworking punti da un lato sulla responsabilizzazione del lavoratore attraverso gli obiettivi, dall’altro sulla sua capacità organizzativa. “Non tutti, purtroppo, hanno questa attitudine”, conclude. Per questo, a suo parere, la formazione è fondamentale per il futuro dell’industria e dei lavoratori 4.0.

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