“Ciao Joe, continua a tifarci da lassù, non sarai mai dimenticato”. È il 26 aprile e l’Associazione Calcio Femminile 1982 Permac di Vittorio Veneto dà per la terza volta il doloroso annuncio. Il direttore generale Giovanni Bolzan è morto, ucciso dal coronavirus. Un mese prima, il 27 marzo, era avvenuta la seconda comunicazione: “Con profonda commozione annunciamo la scomparsa di Dino Marcuzzo, consigliere della società e uomo dal grande cuore rossoblù”. Anche lui ucciso dal Covid-19. E appena tre giorni prima, il 23 marzo, era deceduto per un tumore anche “Giuseppe Casagrande, patron della società e uno dei protagonisti più significativi di questi anni di storia rossoblù”.

Il destino ha colpito con accanimento crudele, in un solo mese, i vertici della stessa squadra di calcio. Giovanni ‘Joe’ Bolzan era il più giovane, 53 anni, faceva il rappresentante di lavorazione speciali edili a Santa Lucia di Piave. Casagrande aveva 66 anni, era il titolare dell’azienda produttrice di resine che sponsorizza la squadra ed era riuscito a portarla nella serie maggiore. Marcuzzo di anni ne aveva 63 ed era un camionista. Li univa la passione per il calcio, per una squadra che, dopo i fasti della serie A, occupa stabilmente la B. Una catena dolorosa. Basti pensare che il giorno in cui Casagrande moriva (si era ammalato di tumore un anno prima), Bolzan veniva ricoverato all’ospedale di Oderzo con i primi sintomi del coronavirus, poi il trasferimento definitivo all’ospedale di Treviso, quando ormai non c’era più speranza. Lui di quel morbo sconosciuto aveva paura. Voleva mettersi in ferie, allontanarsi, stare in una specie di quarantena volontaria. Anche perché era andato spesso in Lombardia per lavoro, negli ultimi tempi, e aveva partecipato, da tifoso, all’ultima partita dell’Atalanta a San Siro contro il Valencia, per la Champions League, un evento sportivo trasformatosi in una bomba sanitaria. Sui siti bergamaschi lo hanno ricordato come una probabile vittima di un evento sportivamente esaltante, ma dagli effetti letali sia in Italia che in Spagna.

La bomber rossoblù Natasha Piai ha ricordato così il direttore generale: “Gio grazie! Grazie per aver creduto in noi, nel calcio femminile Permac Vittorio Veneto! Grazie per tutti i sacrifici fatti! Non dimenticherò mai la tua gioia quando vincevamo! Le parole che ci dicevi quando arrivava il fischio finale dopo una partita combattuta fino all’ultimo secondo. Ma soprattutto non dimenticherò mai il tuo supporto quando le partite non le vincevamo. Venivi sempre a dirci una buona parola, a rialzarci da terra e a darci la forza per riprenderci dalla sconfitta! Grazie Gio”. Francesca Da Ros, di Vittorio Veneto, storica capitana della squadra: “Ci lascia una persona eccezionale che prendeva parte al 101% delle attività societarie e del gruppo. Il suo inserimento era stato del tutto naturale. Abbiamo vissuto insieme tantissime, lunghe trasferte che, a differenza del calcio maschile, fanno emergere dei sentimenti ben più radicati e forti. Con tutte le ragazze è sempre stato fantastico, per noi la perdita è davvero notevole”.

È l’Italia degli sport non da copertina, senza i miliardi e le televisioni, i grandi sponsor e gli enormi interessi che ancor oggi condizionano – litigando – la ripresa del calcio maschile. È un mondo dove i genitori, dopo aver seguito le loro ragazze, sono diventati dirigenti nella stessa squadra. Tanti i ricordi e il cordoglio in quei giorni. L’ex allenatore Sergio Fattorel: “Siamo distrutti, queste notizie trasmettono una tristezza infinita. Giovanni era diventato in poco tempo il nostro direttore, il nostro factotum, era onnipresente e si dava sempre un gran daffare. Una colonna”. L’attuale allenatore Diego Bortoluzzi, sempre riferito a Bolzan: “Siamo cresciuti insieme nelle giovanile del calcio Vittorio Veneto. Perdo un amico con cui ho diviso tante belle cose. L’unione era la nostra parola d’ordine e le tose, le giocatrici, erano il suo vero amore”. Se, e quando ritorneranno in campo, porteranno il lutto al braccio perchè per loro la stagione del coronavirus è stata molto, molto peggio di una retrocessione.

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