Li chiameremo i “furbetti della scuola”: sono quei docenti titolari di cattedra a casa per maternità, per malattia o per aspettativa che improvvisamente con la didattica a distanza sono “rientrati” in servizio facendo perdere il posto a centinaia di precari supplenti. Il decreto “Cura Italia”, in realtà, all’articolo 121 aveva previsto che pure con la didattica sospesa, le scuole avrebbero potuto prorogare i contratti di supplenza breve e saltuaria al fine di favorire la continuità occupazionale dei docenti precari e la continuità didattica. E, sempre nel limite delle risorse disponibili, anche per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario si sarebbero potuti predisporre nuovi contratti di supplenza durante la fase dell’emergenza.

Ma le cose non sono andate come previsto: Dapprima la possibilità è stata avallata anche dal ministero con una nota a firma di Marco Bruschi (la numero 392 del 18 marzo) in cui si affermava che i contratti in essere di supplenza breve e saltuaria dei docenti potevano essere prorogati anche se fosse rientrato il titolare, senza tuttavia chiarire se la proroga potesse essere disposta per l’intero periodo dell’emergenza oppure solo dal 17 marzo. Tuttavia, una ulteriore nota scritta il 5 aprile da viale Trastevere (firmata da Jacopo Greco) nell’affrontare diversi aspetti finanziari contribuiva a dare un’interpretazione ulteriormente restrittiva della norma di legge. Tanto che da quel momento è stato cancellato dal Sidi (Sistema Informativo dell’Istruzione, l’area riservata in cui sono accessibili le applicazioni e le comunicazioni per le segreterie scolastiche, incluso l’inserimento dei contratti) il nodo ‘N19’, un codice creato per l’inserimento dei contratti in base all’articolo 121 del decreto “Cura Italia”.

A quel punto il ministero del Tesoro ha bloccato i pagamenti di persone che già in molti casi non ricevevano uno stipendio dal mese di febbraio. Una situazione che è venuta a galla grazie soprattutto a Luigi Sofia, docente 27enne toscano, referente del movimento delle Sardine nella sua regione e promotore di un movimento di precari nato via Facebook che conta più di duemila persone: “Nel mio caso il contratto è scaduto durante la pandemia. I sindacati mi avevano detto di stare tranquillo perché c’era la proroga. Prima avevo il lavoro, poi me l’hanno promesso e infine me l’hanno tolto. Non ho potuto chiedere nemmeno la Naspi perché non ho accumulato i 91 giorni necessari negli ultimi quattro anni. Le quarantene non sono tutte uguali. Aspetto ancora lo stipendio di febbraio. Sto campando con i soldi dei miei genitori”.

Luigi è preoccupato soprattutto per gli altri, per chi cioè era in servizio da più tempo, e sottolinea come sia venuta a mancare anche la continuità didattica: “È incredibile quello che hanno fatto alcuni insegnanti di sostegno. Sono rientrati a scuola senza pensare che per un ragazzo disabile è importante avere un punto di riferimento per mesi”. Uno dei punti messi in questione dai precari è legato ad una data: “Dal ministero – spiega Sofia – mi hanno risposto che avrebbero prorogato i contratti solo dall’entrata in vigore del Cura Italia cioè dal 17 marzo. Un’assurdità. Inoltre hanno fatto una rilevazione e hanno scoperto che erano rientrati i titolari e perciò non c’era bisogno di fare contratti nuovi. Hanno scoperto l’acqua calda”. Il coordinatore dei precari ha interessato della vicenda anche l’onorevole Camilla Sgambato (Pd) e l’onorevole Nicola Fratoianni (LeU) ma non è arrivata nessuna soluzione. “Ho contattato anche la vice ministra Anna Ascani e il sottosegretario Giuseppe de Cristofaro ma a quanto pare la copertura finanziaria per noi non è stata prevista”.

“Tre settimane di lavoro non pagato e i ragazzi finiscono l’anno con una docente mai vista” – Dalla Toscana alla Campania, dove nel solo Salernitano si contano 500 supplenti con incarico breve che si sono ritrovati con i pagamenti bloccati. A fare i conti con questo dramma è Antonella Cappuccio, insegnante in un istituto comprensivo di Torre del Greco, in una prima media: “Sostituivo una collega che è stata in maternità fino alla fine di gennaio. Dopodiché ha mandato una serie di certificati medici che hanno prorogato la sua assenza fino al 12 marzo. Con il Covid la dirigente l’ha invitata a rientrare. Avevo già cominciato a fare la didattica a distanza. Non ho avuto alcuna comunicazione dalla scuola ma quando ho chiamato la segreteria ho capito che la collega sarebbe rientrata. Con il rientro della titolare il mio contratto è decaduto. Approvato il decreto “Cura Italia” mi hanno prorogato il contratto fino al 3 aprile e ho lavorato con la collega titolare della cattedra, ma solo fino al 5 aprile, quando la nuova nota del Miur ha ripristinato la normativa precedente all’emergenza, che prevede che il contratto del supplente decada al rientro del titolare. Non solo. I soldi che mi spettano per il lavoro dal 12 marzo al 3 aprile non arriveranno. A quel punto ho salutato i ragazzi per la seconda volta e ad occuparsi di loro è stata la titolare che fino a quel giorno non li aveva mai visti”. Anche la professoressa Cappuccio si è rivolta a De Cristofaro: “Il sottosegretario mi ha detto che stavano cercando la copertura finanziaria”.

“Ho saputo per messaggio che il contratto era stato interrotto” – Stessa storia per Rosalia Raciti: “Sono stata assunta dal 2 dicembre con l’incarico di potenziamento d’arte in supplenza di una maternità a Ferrara dove ho fatto richiesta, essendo a 90 chilometri da casa di mio fratello, cercando di dare una svolta alla mia vita da segretaria d’azienda sottopagata (100 euro alla settimana dalle 8.30 alle 16.30 dal lunedì al venerdì e in nero). Ho cominciato quest’avventura lasciando la mia casa e mio marito in Sicilia. Appena arrivata lì ho dovuto chiedere un prestito ai miei familiari per acquistare una macchina per poter viaggiare e recarmi tutti i giorni a scuola”. Alla professoressa Raciti viene affidato il compito più difficile: entrare in empatia con un ragazzo con disturbo oppositivo provocatorio. Durante l’emergenza Covid-19 non l’ha abbandonato: tutti i giorni anche solo per una chiacchierata era presente, per lui ha creato un corso personalizzato all’interno della suite della app Classroom, attraverso video e la chat di Meet. “Mi è stato affidato – spiega l’insegnante – anche il compito di alfabetizzazione di un altro ragazzo. Al rientro della titolare (27 marzo) eravamo ancora in emergenza e la dirigente ha deciso di spostarmi alla primaria per nove giorni. In virtù del rapporto instaurato con gli alunni in collaborazione con le altre docenti mi è stato rinnovato il contratto”. Poi la sorpresa: “Il giorno 16 mattina ho ricevuto un messaggio dalla direttrice del secondo plesso di visualizzare una email importante spedita dalla segreteria il 15 aprile. Apro la mail ed era il termine del mio contratto, il 13 aprile. Quindi stavo lavorando senza essere in regola”.

“Siamo le ultime ruote del carro e nessuno garantisce continuità per gli studenti” – A denunciare la situazione c’è anche Clara Loiacono: “Ho preso servizio presso una quinta primaria di Novara il 19 settembre 2019. Con contratti mensili sono arrivata al 9 aprile. Ho impostato tutta la didattica a distanza e ho iniziato le video lezioni; la segreteria della scuola mi aveva garantito il contratto come da articolo 121”. Una gioia finita presto: la titolare di cattedra è tornata in servizio il 4 aprile. “Il mio contratto a quel punto finiva il 3 e non poteva più essere prorogato”. La maestra Loiacono è davvero infuriata: “Noi precari veniamo spesso trattati come le ultime ruote del carro, come quelli che non vogliono fare i concorsi ma i docenti di ruolo che resuscitano improvvisamente con la didattica a distanza come li vogliamo definire? Perché la ministra Azzolina non ha pensato davvero agli studenti garantendo loro la continuità invece di bandire concorsi a crocette in piena pandemia?”.

“Contratto mai rinnovato nonostante il decreto”: la denuncia degli ausiliari – In questa situazione non ci sono solo i docenti ma anche il personale Ata. Fabio Catalano, 42 anni, palermitano in servizio a Belluno è uno di loro: “Quella era la mia unica fonte di reddito. Sono rimasto senza nulla. Abitavo dalle suore per spendere pochi soldi. Avevo un contratto che partiva da novembre; l’ultimo scadeva l’8 marzo, ma non me l’hanno rinnovato nonostante l’articolo 121. Il dirigente scolastico ha sostenuto che avrebbe creato un danno erariale se mi avesse prorogato il contratto, nonostante il titolare non fosse rientrato. Ora mi aiutano i miei genitori a fare la spesa. Ho preso per due settimane i buoni spesa: 120 euro”.

A difendere i precari c’è anche Giulia Bertelli, insegnante e referente provinciale del Cub Scuola di Torino: “In molti si sono rivolti a noi. La ministra Azzolina ha detto che grazie al decreto sarebbero stati salvaguardati i posti di lavoro ma non è stato così. Le note successive hanno smentito la Azzolina”. Del resto, ne “decreto Rilancio” non sembra aver trovato spazio una soluzione e l’unica via possibile per dare una risposta ai precari sembra essere quella parlamentare. Leu ha presentato un emendamento sulla questione al “Decreto Scuola” e anche negli uffici di viale Trastevere si sta cercando una via d’uscita.

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